In entrambi i casi, una combinazione di succhi e vernici, un glossario di anticipazioni e collanti,” afferma Ennio Cavalli, riccionese, giornalista e inviato Rai (nella foto all’interno della libreria Mondadori di via Dante, Riccione). Classe 1947, vive tra Roma, la Tuscia e la Romagna, e ha all’attivo un premio Campiello Selezione Giuria dei Letterati, un Premio Viareggio Poesia e un Premio Speciale Camaiore 2019.
Nel post-lockdown ha dato alle stampe, quasi in contemporanea, la raccolta di poesie Amore manifesto (edizione La nave di Teseo), con le note di Dacia Maraini e Pupi Avati, e, non contento, anche un romanzo: Parabola di un filo d’erba (Castelvecchi editore).
Cosa resta oggi dell’amore?
“Dell’amore, oggi come in ogni epoca, resta tutto quello che siamo capaci di rilanciare, di rifondare, di riaffidare alla profondità dei sentimenti e alla meraviglia delle relazioni. Con Amore manifesto vorrei rimettere sul piedistallo che meritano la donna e l’amore. Infatti i miei sono versi aperti, senza dediche specifiche o preordinate, nell’illusione di sfiorare dimensioni disattese e imprudenti. In questo senso il titolo è anche rovesciabile in Manifesto d’amore.”
A quale di queste poesie è più legato?
“Ce n’è una, brevissima, quasi un paradosso affettuoso. Riassume la questione così: Scegliersi senza incontrarsi / è come lasciarsi senza conoscersi. / Non c’è giurisprudenza al riguardo.”
Oggi la poesia può essere un buon antidoto antigravitazionale, come affermava Goethe?
“Di più, la poesia è un giubbotto antiproiettile. Non sembra, ma a volte disarma i violenti.”
Come è avvenuto il passaggio dal giornalismo alla poesia e alla forma romanzo?
“Ho sempre cercato di praticare un giornalismo d’autore, con uno stile e una visione d’insieme, sulla scia dei miei grandi maestri, Sergio Zavoli ed Enzo Biagi. Con l’obbligo di andare a vedere, di immedesimarsi con l’interlocutore, nei fatti. Senza rinunciare a proiettarsi oltre. L’inviato e lo scrittore sono due facce sulla stessa moneta.”
Siamo tutti fili d’erba nel grande prato dell’esistenza?
“Bel modo di riassumere, in questa domanda, il senso del mio ultimo romanzo. Ho un podere sul fiume, nella Maremma laziale, dove ancora serpeggiano voci etrusche. Vivere dentro la natura mi ha insegnato che non si torna polvere, si torna erba. O meglio, prima si torna polvere. Subito dopo, erba.”