La sua passione originaria si fonde con l’acqua azzurra della Micropiscina, allenamenti spesso anche prima di entrare in classe, risultati confortanti come il terzo posto al campionato italiano juniores nel dorso (1972). Fatiche condivise con gli studi classici, la frequenza del Conservatorio, insomma impegni che si accumulavano sulle spalle di un ragazzo che aveva anche una sana voglia di divertirsi.
“Decisi di chiudere con il pianoforte”, racconta. “Mio padre non ne fu entusiasta e di fronte alla mia sensazione di disperdermi in troppe attività mi rispose che il segreto è sapersi organizzare.”
In epoca universitaria, con la grande sfida degli studi di Medicina, lo sport divenne il Pentathlon. Per Piero Benelli, cavaliere dai lunghi stivali, spadaccino in candida divisa, runner in canottiera, ovviamente a torso nudo in piscina e poi in piedi armato di pistola, fu un’avventura che sfiorò la fiamma olimpica.
Lui era il ragazzo che della competizione sportiva più bella del mondo sapeva già tutto e tutto di ogni disciplina. “Era il 1980, ero un P.O. – probabile olimpico – della Federazione Pentathlon Moderno. L’anno prima l’Unione Sovietica aveva invaso l’Afghanistan. Il mondo boicottò l’appuntamento a Mosca, l’Italia scelse di non far scendere in gara tutti gli atleti militari. E così il sogno sfumò.”
Però l’Olimpiade è un destino, declinabile in tempi e ruoli diversi perché Piero Benelli i cinque cerchi li ha visti da vicino in 4 Olimpiadi (Pechino 2008, Londra 2012, Rio 2016, Tokyo 2021) come medico sportivo della Nazionale Italiana di volley maschile. In questo ruolo si era fatto le ossa diventando un grande punto di riferimento nello staff della Scavolini Basket.
Così indiscutibilmente centro di gravità che il volley lo chiamò direttamente in Nazionale. “Dicono che il talento deve incontrare l’occasione e ne sono profondamente convinto. Senza talento qualsiasi occasione sarà inutile, ma esistono anche tanti talenti non compiuti per mancanza di un’occasione.” A volte però ci vuole quell’ineffabile quadratura del cerchio.
Come accadde in quella incredibile partita per la qualificazione alle Olimpiadi di Pechino (Italia-Giappone a Tokyo, maggio 2008, con l’Italia sotto 1-2 dopo 3 set e 17-24 al quarto, poi vinto 35-33 e dominato al tie-break con finale di 3-2 per l’Italia), in cui Benelli debuttava in panchina come medico della Nazionale di Volley. “Se non ci fosse stata quella reazione incredibile della squadra, probabilmente la mia storia con la pallavolo si sarebbe conclusa lì.”
Ma riavvolgendo il nastro (molto azzurro!) per raccontare Piero Benelli, dopo 12 anni vissuti a bordo vasca a interpretare con immancabile successo il ruolo di allenatore di nuoto, arriva nel 1986 la Laurea in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Bologna. Neanche a dirlo con tesi in Medicina dello Sport: Aspetti di valutazione funzionale del nuotatore. Si specializza alla Sapienza nel 1989 con la tesi Indagine clinico-statistica sulla patologia traumatica da sovraccarico funzionale nel nuoto.
Già dall’anno precedente – Bianchini era per la seconda volta alla guida della Scavolini – Benelli è già il medico sportivo della squadra. “Nasce tutto lì”, ribadisce con la consueta, ironica modestia: “da quel gesto di fiducia e alla Vuelle resterò legato e grato per sempre.” Tanto che nell’anno in cui il Covid sembra messo all’angolo, lui festeggia i 34 anni di stetoscopio alla Vuelle e in parallelo i 14 anni con la Nazionale di Volley.
“Sono un diesel, ma poi mi attacco come una cozza.”
Dal 2015 ha riunito in un incrocio vincente saperi, talenti, esperienza e passione dando forma a Fisioclinics, un centro d’eccellenza che fornisce sostegno e cure a tutte le forme di patologie e traumi, cronici e acuti, in cui incorrono sportivi di diverso livello ma anche persone di qualsiasi tipologia e con diverse esigenze.
Un percorso protetto nel quale esperti, attrezzature e strumenti diagnostici sono in grado di occuparsi a tutto tondo di chi ha problemi da risolvere. Un polo d’eccellenza che possiede tutte le caratteristiche di Benelli: assoluta competenza, capacità di lavorare in team e piacere di creare community.
Piero, il fisico asciutto che ti aspetti da tanta contingenza con le palestre, 66 anni su cui chiunque perderebbe la scommessa, tra sudore e performance è pure un uomo di note, pentagrammi, strumenti e voci. “Sono stonato”, si scusa, “e quando al mio insegnante di pianoforte ho detto che preferivo lo sport, mi ha incoraggiato dicendomi: bravo, fai la cosa giusta.”