A metà strada tra il mare Adriatico e l’Appennino umbro-marchigiano, nella valle bagnata dal fiume Cesano, si può ancora godere di un piccolo luogo prezioso, dove sembra che il tempo si sia fermato. Arrivare a San Lorenzo in Campo è come percorrere un viaggio dell’anima: che si venga dal mare o dalle dolci colline dell’entroterra, l’effetto è sempre sorprendente.
La storia della piccola cittadina laurentina è antica e particolare. Essa sorse in prossimità della romana città di Suasa, in un paesaggio ben diverso da quello attuale, più ricco di boschi che di campi coltivati.
La nascita dell’abitato di San Lorenzo in Campo si deve all’arrivo, prima dell’anno Mille, di un gruppo di monaci benedettini, provenienti da Sant’Apollinare in Classe, che iniziarono la costruzione di un’abbazia dedicata a San Lorenzo e una progressiva bonifica della zona, con lo scopo di ‘strappare’ terra alla natura per impiantarvi coltivazioni.
Al riguardo, è singolare apprendere che in origine San Lorenzo portasse l’appellativo in silvis e che solo in seguito mutò nell’attuale in campo.
L’Abbazia benedettina di San Lorenzo in Campo, dal 1943 elevata al rango di Basilica, sebbene modificata nei secoli, presenta ancora oggi, soprattutto all’interno, caratteri che ne ricordano l’antichità. Tra questi elementi risultano sorprendenti le maestose colonne in granito egizio, materiale ‘di spoglio’ proveniente dal vicino sito romano di Suasa Senonum.
Tra le peculiarità di quest’edificio ecclesiastico vi è la presenza di alcune reliquie di San Demetrio, santo venerato sia dalla comunità cristiana cattolica che ortodossa. Le reliquie di San Demetrio, rinvenute nel Cinquecento a San Lorenzo in Campo, tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento sono state in gran parte restituite alla città di Salonicco.
Lasciata l’Abbazia, addentrandosi per le piccole vie, non sarà difficile scorgere un maestoso palazzo che, quasi fosse una quinta teatrale, chiude un’ariosa salita, è il Palazzo della Rovere. Non va dimenticato infatti che, tra le tante famiglie che ebbero giurisdizione sulla cittadina laurentina, ci fu anche un ramo cadetto dei Duchi di Urbino, quello dei Marchesi di San Lorenzo in Campo, originatasi dal Cardinale Giulio Feltrio della Rovere (1533-1578).
Il palazzo è caratterizzato da un’imponente ed elegante facciata sulla quale campeggia, al centro, un singolare orologio con un quadrante che reca ancora ‘l’ora italiana’, ovvero con sei ore, in luogo delle più usuali dodici. Questo grazioso palazzo, dismesso da tempo il suo compito di dimora nobiliare, è sede del prezioso Museo Archeologico del Territorio di Suasa che, attraverso una serie di interessanti reperti, guida il visitatore alla scoperta della storia del territorio dal Neolitico all’alto medioevo.
Il palazzo della Rovere, al primo piano, ospita poi un piccolo gioiello, il Teatro Mario Tiberini, ricavato in quello che doveva essere il salone di rappresentanza della dimora roveresca. Fu realizzato tra il 1813 e il 1816 e intitolato inizialmente Teatro Trionfo, una denominazione che fu mantenuta sino al 1880 quando mutò nell’attuale pochi mesi dopo la scomparsa del tenore laurentino Mario Tiberini (1826-1880), celebre interprete rossiniano.
La sala teatrale, che sino al 1812 ospitava un teatrino ‘alla francese’, si presenta con una platea a ferro di cavallo circondata da due ordini di palchi e da un loggione. Le decorazioni, eseguite a cavallo tra Ottocento e Novecento, si dispiegano dal soffitto sino alle balconate dei palchi con raffigurazioni floreali, grottesche, festoni dai colori vibranti.
Questo piccolo e prezioso scrigno è ancora oggi sede di importanti eventi musicali. Tra le caratteristiche di San Lorenzo in Campo va infine ricordata anche la presenza di un museo particolare, dedicato alla civiltà rurale e alla cultura marchigiana: il Museo delle Terre Marchigiane – Collezione Straccini.
Attraverso le varie sezioni museali, che vantano l’esposizione di migliaia di pezzi databili tra il XIX ed il XX secolo, è possibile riscoprire i luoghi di vita, di svago, d’incontro e gli antichi mestieri che caratterizzavano l’entroterra marchigiano sino ai primi decenni del Novecento.