Il talento del giovane artista Nicola Montalbini, classe 1986, ha convinto i direttori artisti del Ravenna Festival che hanno deciso di usare le sue immagini, i suoi dipinti per illustrare il tema della XXXIV edizione: Le Città Invisibili, quelle descritte nel libro di Italo Calvino.
Dopo aver frequentato il liceo artistico Nervi-Severini di Ravenna, Nicola Montalbini si è iscritto all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove si è diplomato in pittura nel 2013. Ha preso parte a numerose collettive, mentre dal 2011 sue personali sono state esposte a Palazzo Rasponi di Ravenna, Visioni di Città, e all’Associazione Culturale Artierranti di Bologna, Quando i Dinosauri erano Galline.
Da segnalare anche nel 2017, la mostra Scatole, alla Darsena Pop Up di Ravenna. Sono sue anche due opere esposte in modo permanente all’Ospedale S. Maria delle Croci di Ravenna. Inoltre, è il primo classificato al Premio Opera CGIL di Ravenna nel 2013 e al Premio G.B. Salvi di Sassoferrato nel 2015.
Tornando alle ‘città invisibili’ del festival di quest’anno, nell’opera di Nicola Montalbini ci imbattiamo nei monumenti più noti della città di Ravenna, isolati, coperti da uno strato di colore omogeneo che li nasconde e li rende individuabili solo dalla sagoma, dalle linee architettoniche.
Nicola Montalbini è un giovane sicuro di sé, parla con piacere e disinvoltura, ma ha conservato un modo semplice di approcciarsi agli altri. “Disegno praticamente da quando sono nato,” racconta.
“Sono rimasto folgorato dalle prime matite colorate ricevute in regalo, con le quali disegnavo di continuo.” Nicola Montalbini può contare non solo sul suo talento ma anche sul suo carattere: idee ben precise che riesce a sviluppare anche con tecniche diverse.
“Da bambino,” ricorda, “ero timido, non venivo accettato facilmente dai compagni, quindi mi isolavo nel disegno dove mi sentivo a mio agio, protetto. Come tutti i bambini imbrattavo i muri e all’asilo facevo i ritratti a tutti i miei compagni di classe.
All’età di sei anni ho cominciato a notare la città che avevo intorno e a innamorarmi dei mosaici, i campanili, i mattoni. Costringevo mio nonno paterno ad accompagnarmi in giro per Ravenna e a fotografare ogni porta e angolino, tutto. E cercavo di scoprire dove erano finite le cento chiese che, si dice, erano una volta a Ravenna. Molte ormai invisibili.”
Oggi non riesce a immaginarsi senza una matita, un colore nelle mani. Se ha delle inquietudini le esprime e se ne libera attraverso il disegno. “Crearsi dei mondi paralleli può essere alienante oppure, come nel mio caso, un modo per uscire dalla solitudine. Per me disegnare è come respirare,” rivela.
Conoscendo meglio Nicola, ascoltando i suoi discorsi, ci si rende conto che, tornando alla realtà di tutti i giorni, riesce a dividere le sue giornate perché ha un’altra attività che occupa una parte del suo tempo: fa la guida turistica, in modo particolare lavora nella basilica di Sant’Apollinare in Classe. Si esprime con passione evidenziando quello che lui ritiene più interessante per se stesso. Come e con che linguaggio conduce i turisti nelle visite?
“Mi piace pensare che i turisti non vadano via solo con la visione dei mosaici, come quando si guarda una cartolina. Cerco di insegnare loro come considerarli. Parto spiegando che Ravenna è diversa da tutte le città culturali perché ha una sua storia particolare che ha visto momenti di grande isolamento ma anche momenti molto vivaci, una città che per la sua caratteristica paludosa e difficilmente raggiungibile era diventata Capitale dell’Impero Romano d’Occidente dal 402-4 al 476; poi del regno di Odoacre e dal 494 del regno ostrogoto. Insomma, i mosaici che loro vedono sono vivi perché rappresentano pezzi di una vita che si è svolta in questi luoghi, e per capire e gustare ogni monumento bisogna immedesimarsi nelle varie epoche che la città ha attraversato.”
Come sarà, quest’anno, vedere i suoi disegni per illustrare programmi e locandine, in un numero infinito di copie? “Molto gratificante. Ero già stato contattato da tempo ma aspettavano il tema adatto al mio tipo di lavoro. Ed è arrivato con Le Città Invisibili di Calvino. Mi sono divertito a realizzare più di venti disegni. Per me il festival è una vetrina importante.”