La trafila di Garibaldi

testo e foto di Cristina Zoli ed Emilio Salvatori
I luoghi della storia leggendaria di patriottico eroismo
Vi sono a volte incontri casuali che raccontano storie straordinarie magari proprio dietro casa, magari proprio come quella che, sulla strada bianca che da Montegrimano porta alla Cegna, una stele seminascosta dalla vegetazione racconta. È una storia epica capace di segnare uno dei momenti più difficili della vita di Garibaldi che, in fuga dalla Repubblica romana capitolata con i suoi sogni di uguaglianza e libertà agli inizi di luglio, è braccato dagli eserciti di Francia, Austria, Spagna e Regno Borbonico.

Una marcia forzata, quella oggi riconosciuta come la ‘Trafila di Garibaldi’, che attraverso Umbria, Toscana e le Marche lo porta, con un esercito ormai dimezzato dai ripetuti scontri, ai confini con San Marino.

E chissà come gli devono essere apparsi i profili dei tre castelli della Repubblica più antica del mondo. Come ricorda la stele commemorativa a ricordo di quel momento posta nelle vicinanze di Montegrimano. “Il 30 luglio 1849 Garibaldi si fermò sul Tassona per dirigersi il giorno dopo a S. Marino dove sciolse la legione.”

L’accoglienza dei cittadini e delle istituzioni sanmarinesi fu infatti calda e affettuosa. Ma purtroppo inversamente proporzionale alla rigidità delle autorità franco-austriache che non lasciarono alcuno spazio ai tentativi di una resa onorevole. E costrinsero il Generale, sciolta la legione, alla fuga attraverso la Romagna e la Toscana per arrivare in Liguria. Giunta fino a noi come la ‘Trafila di Garibaldi’, è una storia rocambolesca e d’eroismo patriottico che nei luoghi attraversati è ancora ricordata.

Seguendo uno degli itinerari proposti da Romagna Motorcycle – il progetto di Visit Romagna per la promozione del mototurismo in quella che è universalmente conosciuta come La Terra dei Motori – lasciamo dunque la stele a qualche km da Montegrimano per iniziare il cammino fino a San Marino. In un territorio sicuramente profondamente mutato da quell’estate del ’49, ma forse poi non così tanto.

A poca distanza da Porta San Francesco, che attraverso le sue mura dà accesso al cuore storico di San Marino, del suo passaggio resta più di una lapide a ricordo dei momenti più celebri che accompagnarono la permanenza del Generale.

Furono giorni febbrili, ricchi di storie personali e umane. Prima che l’impossibilità di una resa onorevole lo convinse a sciogliere dal giuramento gli uomini della legione. E tentare, con un manipolo composto dai più fidati, la fuga verso Venezia. E l’idea di libertà che la città lagunare, in quel momento storico, con la sua resistenza all’austriaco era ancora in grado di incarnare. 

È in gran segreto che prende così avvio la fuga, scendendo verso Verucchio per poi guadare il Marecchia all’altezza di Madonna di Saiano. Le cronache narrano che solo per un caso fortuito si accorsero durante la discesa di essere attesi dagli uomini del Generale Oudinot pronti all’imboscata. A cui sfuggirono costeggiando il torrente San Marino.

Noi però siamo più attratti dalla via che ci porterà a superare il fiume passando da Verucchio. Non foss’altro per il cippo che all’ingresso del borgo ricorda quel momento. Da Ponte Verucchio potremo così risalire verso Torriana per poi ridiscendere verso l’Uso e raggiungere, seguendo la stradina che dal centro di Masrola sale verso l’alto, San Giovanni in Galilea. Quel luogo unico con una posizione eccezionale da cui si domina la valle e l’occhio può spingersi fino al Carpegna. 

Ed eccoci raggiungere Sogliano. Per poi, scendendo verso il corso del Rubicone lungo una serie di tornanti, risalire in direzione di Roncofreddo e proseguire, toccando la chiesa di Musano, fino a Longiano che, raccolta tra le mura del suo castello, domina romantico il paesaggio circostante.

Sono strade e stradine ancor oggi incontaminate che raccontano di un territorio lontano dagli eccessi di uno sviluppo selvaggio. Raccolti nelle biografie postume di questa fuga rocambolesca rimangono molti racconti d’azione e di affetto ma anche tracce come i cippi o le lapidi che ricordano lo storico passaggio, come a Musano, Gatteo e infine Cesenatico, dove all’alba del 2 agosto l’Eroe dei due Mondi, messi in fuga i soldati della sparuta guarnigione, si imbarcò su 13 bragozzi, sequestrati per tentare la via del mare alla volta di Venezia.

Ed è qui sul porto di Cesenatico – che con le imbarcazioni storiche del suo Museo della Marineria ancorate alla fonda dell’antico porto leonardesco ci permette di rivivere pieni d’emozione quei momenti – che si interrompe il nostro cammino de la ‘Trafila di Garibaldi’ sulle orme di Garibaldi che, sull’onda dei racconti raccolti, abbiamo finora fedelmente percorso.

La trafila di Garibaldi
In apertura, alcune lapidi a ricordo dei momenti della permanenza del Generale a San Marino. Qui sopra, San Giovanni in Galilea. Sotto, in ordine, la Rocca di Verucchio e Longiano.
La trafila di Garibaldi
La trafila di Garibaldi

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