Oltrepassata la soglia eccoci dunque nel sancta sanctorum della Vyrus. Un nome non solo inusuale ma con una storia. “Eravamo alla vigilia di un grande appuntamento,” ci racconta Ascanio. “E nel momento cruciale del lavoro che nelle nostre speranze ci avrebbe permesso di presentare al mondo il nostro know how e la nostra raffinatezza tecnologica, ecco che una banale influenza, un virus per l’appunto, stendeva tutta la squadra mettendo a rischio l’obiettivo.”
Da lì il nome, poi reso più accattivante da quella ‘ypsilon’ che lo anglicizzava internazionalizzandolo. Era il Bike Expò di Padova e l’anno il 2002. Dopo quell’appuntamento, con 1.800 biglietti da visita in tasca, nei capannoni lungo la consolare di San Marino, a Cerasolo, nasce la Vyrus. O meglio, ‘la bottega’, come gli piace chiamarla. Uno staff interno di cinque persone.
Un processo produttivo con pochi eguali, tutto (o quasi) realizzato internamente quasi sempre ricavando i pezzi da pieno. Tra le 5 e le 10 le moto vendute ogni anno. Oltre 200 quelle in giro per il mondo nel corso di vent’anni. Da 40 ai 200 mila euro il costo per veder concretizzato un proprio sogno. Questa è oggi la Vyrus.
Lungo il corridoio d’ingresso ci accolgono tre ‘Alyen’, l’ultimo modello di Vyrus. Nato dalla penna geniale di Adrian Morton, il designer inglese firma di alcuni dei modelli più belli di MV Agusta nati nel Centro Ricerche Cagiva di San Marino. È su questo modello, che ha come traguardo produttivo venti esemplari più uno, che si sta concentrando presente e futuro della Casa.
“L’abbiamo pensata per farla in fretta. E per raggiungere questo obiettivo che ci consente di consegnarla anche in ‘solo’ sei mesi, abbiamo messo in campo tutto il concentrato delle nostre tecnologie.” Appeso in alto sopra le moto un grande disegno, bellissimo, il cui valore estetico è solo secondario al significato che nasconde.
“Quella è la musa che ha ispirato l’Alyen,” ci dice. “Che apparentemente sembra aver poco a che fare col modello finito. Ma ha due, tre spunti che ci hanno fatto dire: la facciamo così!”
Il risultato è straordinario, un concentrato di design e tecnologia unico. E basta guardarla di profilo per rimanerne folgorati.
La parte superiore – quella che racchiude sterzo, fanaleria e strumentazione – si protende in avanti. Quasi disegnando la testa d’animale fantastico congelato nell’atto di gettarsi sulla preda. Un risultato estetico che sfrutta l’eleganza e la genialità dello “sterzo indiretto”. Che, se caratterizza fin dalle origini tutta la produzione di Vyrus, sull’Alyen raggiunge il suo massimo di funzionalità tecnologica. “Riprendi la Tesi, riprendi la Tesi” è il sogno che dai suoi anni in Bimota lo ha accompagnato.
La “Tesi”, presentata nel Museo della Città di Rimini, nasce dagli studi degli studenti riminesi dell’Università di Bologna Pierluigi Marconi (l’attuale Chief Operating Officer di Bimota) e Roberto Ugolini. Che riprendono per la propria tesi di laurea gli studi dell’ingegnere italo-inglese Joe Difazio. E che si caratterizza per l’adozione di uno “sterzo indiretto”, ovvero una soluzione tecnica capace di migliorare la stabilità e la tenuta di strada della moto, al posto della classica forcella con cui è realizzato l’avantreno di tutte le altre moto esistenti al mondo.