La mano di Samuele Grassi realizza, con incredibile minuzia, tanto immagini quanto oggetti che provengono sempre dalla realtà quotidiana. E li ‘metamorfosa’ in epifanie o apporti di futuri fantascientifici. È lo sguardo che ha il dono di scorgere, in una bottiglia di shampoo o in un uovo Kinder, il profilo di un’astronave o un paesaggio alieno. E fissa scorci di Rimini come da una vertiginosa macchina del tempo.
D. ‘Rimini sommersa’ è il titolo della tua mostra per la Biennale del Disegno, però la selezione di opere che presenti al pubblico non è fatta di disegni a matita o carboncino. Samuele Grassi, come lavori per dar forma alle tue visioni?
R. “Anzitutto un disegno, che sia eseguito con matita su carta oppure su una tavoletta grafica, è comunque sempre un disegno. Il digitale può aiutarti a lavorare più velocemente e ad essere più dettagliato. Ma non può sostituirsi alla mano, a meno che non parliamo di intelligenza artificiale.
Solitamente realizzo molte bozze a matita su carta lucida che poi sovrappongo per ottenere una prima composizione. In un secondo momento scansiono i fogli per applicare il colore in digitale. Per ora questo è il metodo che uso prevalentemente e che mi permette di avere il controllo accurato dello stile.”
D. Tema dell’edizione 2024 è ‘Ritorno al viaggio. Dal Grand Tour alla fantascienza’. Se il tuo è un viaggio in una città inghiottita dal mare, dobbiamo aspettarci solo rovine e oblio, nostalgia e malinconia, o sotto la superficie ci aspetta anche qualche sorpresa?
R. “Sono tendenzialmente un ottimista e quando realizzo una tavola ‘apocalittica’ in realtà rappresento un’umanità che nonostante tutto sopravvive e si adatta a una nuova condizione. Forse c’è nostalgia nelle rovine di un edificio ora abitato da pesci e da animali preistorici, ma anche il desiderio di avventura e scoperta che ci caratterizza.
E spesso l’acqua è la variabile incontrollata da cui nasce la storia, uno strumento attraverso cui la vita occasionalmente scuote il nostro mondo resettando l’ordine delle cose.”
D. Ogni artista attinge ai propri sogni o timori, ma anche a quelli di chi lo ha preceduto. Quali sognatori ci sono, mescolati a te, in Rimini sommersa?
R. “Per stile e contenuti, i miei riferimenti sono Métal Hurlant, i manga di autori come Otomo e Taniguchi e i film di animazione di Miyazaki. Ma non posso fare a meno di attingere dal luogo in cui vivo, data la fortuna di abitare in una città che offre spunti estremamente diversi e densi di storia e forme.
Non posso quindi prescindere dalle icone dell’identità riminese, dai monumenti storici medievali e romani a edifici come il faro, il Grand Hotel e il grattacielo.”
D. Il tuo lavoro è pieno di ironia e di una fantasia quasi fanciullesca, della meraviglia nel manipolare e reinventare. L’ironia serve solo a divertire o può anche fungere da strumento critico?
R. “L’ironia è fondamentale per veicolare il proprio pensiero. Usare l’ironia per comunicare è come invitare un ospite a casa propria per offrigli una cena. Prendersi sul serio equivale invece a tener la porta di casa chiusa ostentando una facciata di apparente risolutezza che in realtà solitamente è sinonimo di insicurezza.
(continua…)