Qualche traccia era apparsa anche prima, ma fu Gigi Zangheri che li fondò – scout nautici e poi quelli terrestri. Di ritorno dal Congresso Eucaristico di Genova del 1923 aveva visto questi ragazzi in divisa e ne parlò a un prete amico, don Giovanni Campana.
Ce lo raccontano le sue figlie, Giuliana Zangheri Palazzini e Paola Zangheri Morolli, anche a nome della terza sorella, Piera Zangheri Montevecchi. Con loro c’è anche Diego Palazzini, terza generazione col fazzolettone al collo.
“Fu Commissario di Zona,” ricorda Giuliana. “Visse i momenti della nascita, il periodo buio dello scioglimento voluto dal fascismo, la rinascita dopo la guerra. Anzi, quando il fascismo obbligò gli scout allo scioglimento, andò lui a notificarlo facendo in modo di non trovare mai nessuno. Andò anche in carcere, quando i fascisti capirono la sua azione. Dopo la Guerra, alla rinascita del 1956, continuò nella sua missione.”
La casa di Poggiorimini, sulle colline di Sant’Agata Feltria, che Gigi costruì sui terreni di sua moglie Mina Magnani e donò alla Curia, era il luogo dove tutto trovava unità. “Voleva che ciascuno scambiasse i propri talenti con gli altri. All’inizio dell’estate andavano gli scout a costruire le strutture e a fine estate andavano a smontarle. E, nel tempo in mezzo, la casa vacanze di Poggiorimini era usata dalle parrocchie, dall’Azione Cattolica e dal seminario.”
“Papà diceva che il giovane deve essere impegnato nel mondo,” aggiunge Paola. “Lo scoutismo offre regole, attività manuale e contatto con la natura. Così si impara a crescere.”
Andiamo da don Danilo Manduchi, per trent’anni responsabile di zona scout. “Cento anni di scoutismo a Rimini hanno lasciato il segno,” racconta. “Uno scout lo riconosci subito, in qualunque ambito si impegni. Ne riconosci i modi, il prendersi a cuore le situazioni, l’attenzione agli altri, la solidarietà. Senza scoutismo, questo sarebbe mancato.”
“Nel 1974, quando gli scout e le guide (le ragazze scout) si unirono in una sola associazione ci fu un momento di crisi. Bisognava capire il nuovo mondo in arrivo. A Rimini si fecero tre scelte chiare,” spiega don Manduchi. “Che poi altri territori presero ad esempio.
Si scelse di essere radicati dentro la Chiesa. E così si passò da essere un gruppo di élite a un movimento di popolo, perché in parrocchia ci andavano tutti, dal professore al contadino. Poi di aprire gruppi scout nei luoghi più sperduti, dove non c’erano altre proposte. Infine di far entrare quelli che venivano considerati ultimi dalla società. In poco il numero crebbe vertiginosamente, tanto che per alcuni anni a Rimini c’erano più scout che a Bologna. E cambiò la società riminese dal profondo.”
Ma cosa offre lo scoutismo oggi? “Chi entra nel grande gioco scout impara alcune cose che vengono insegnate anche ai grandi manager. Imparare a lavorare per progetti, ad essere curioso e sempre in cammino. Sapere che l’arrivo è sempre e solo una tappa per nuove strade. S’impara l’autonomia, risorsa preziosa, e ad essere responsabile delle proprie scelte. Infine si scopre che esiste anche la spiritualità, al di là delle scelte, che sono tutte condizioni per diventare una persona completa. E a guardare sempre al futuro.”