Dopo una serie di lavori votati alla sperimentazione, Paolo Tarsi ci regala un album di rock elettronico dal sound affascinante e immediato. Con una grande attenzione per il minimo dettaglio e una cura infinita per ogni sfumatura testuale e sonora.
“Il periodo pandemico ha coinciso per me con un momento di forte riflessione in cui ho cercato di capire che cosa sia davvero a non farci respirare,” racconta il musicista Paolo Tarsi. “Il mio ultimo Ep nasceva durante le costrizioni legate alla pandemia. Dopo quel lavoro intitolato I Can’t Breathe ho sentito la necessità di ampliare il mio messaggio. Ho iniziato a scrivere personalmente oltre alle musiche anche i testi delle mie canzoni per mettere più a fuoco la realtà che mi circondava.”
Con questo lavoro “è come se avessi messo in atto un’unione ideale tra le anime dei miei capitoli precedenti, Furniture Music for New Primitives (Cramps) e A Perfect Cut in the Vacuum (Anitya Records/Acanto). Se del primo album riprendo la compattezza sonora, dal secondo recupero la spontaneità del sound, elettronico e incisivo.”
Un amalgama irresistibile all’ascolto, per un disco in cui immergersi da cima a fondo e lasciarsi trasportare da canzoni colme di guizzi elettronici. Vicine tanto al synth-pop quanto al rock e all’avant-garde. Con richiami a elementi post-punk e alla new wave, capaci di far affiorare in un contesto attuale mondi sonori sommersi e risonanze ricche da scoprire.
Tra un brano e l’altro si susseguono atmosfere eleganti e raffinate. Rivelatrici in Perfect Machine World, visionarie in Spiritual Home, quasi angosciose e malinconiche in Ballet Mécanique, fino all’ambient dal respiro cosmico nel breve strumentale Tabula Rasa.
“Anche se con questo progetto mi sono avvicinato maggiormente alla canzone, le parti strumentali contengono ancora un messaggio implicito forte. La musica continua a essere molto eloquente per me e può trasmettere un messaggio tutto suo anche da sola,” prosegue Paolo Tarsi.
“D’altra parte è successo a molti che venivano dall’avanguardia di sentire l’urgenza di una maggiore concretezza, il desiderio di comunicare in maniera più diretta. Credo sia inevitabile: ha a che fare col prendere confidenza con la scrittura e al tempo stesso col volersi mettere alla prova. E i brani di questo disco vivono tutti in equilibrio tra loro, ognuno con le sue molteplici atmosfere.”