Le vicende costruttive del Palazzo Ducale a Pesarosono legate alle signorie malatestiana, sforzesca e roveresca, succedutesi al governo di Pesaro dal XIII al XVII secolo. Dal basso Medioevo al tardo Rinascimento. Ai Malatesta risalgono i nuclei più antichi del palazzo, in cui è inglobato il sito delle quattrocentesche case dei Malatesta e degli Sforza. Ristrutturate e ampliate dai duchi Della Rovere nella seconda metà del Cinquecento, quando il palazzo assunse all’incirca l’estensione attuale.
L’edificio – indicato nella legenda della pianta prospettica di Pesaro del cartografo olandese Blaeu (1663) al numero 70 come “Palazzo di Sua Altezza” – era costituito da numerosissimi ambienti con diverse destinazioni d’uso. Appartamenti privati dei signori, sale di rappresentanza, armeria, biblioteca, cancelleria, uffici della corte, ecc.
Il piano terreno della facciata si apre in sei grandi arcate impostate su massicci pilastri di pietra di quasi sei metri d’altezza. Un imponente portale rettangolare conduce, attraverso il ‘cortile d’onore’, dalla loggia al vestibolo. All’estremo opposto della corte un elaborato portale, databile al 1548, dà accesso allo scalone principale che conduce al piano nobile.
Nella parte laterale del palazzo che si estendeva sull’antica ‘via dei fondachi’ (attuale corso XI Settembre) duca Francesco Maria II della Rovere affittò varie botteghe al piano terreno ad artisti e artigiani stipendiati. Come pittori, orologiai, legatori o miniatori, che esercitavano la loro attività al servizio della corte arricchendo di stupendi oggetti il ‘guardaroba’ ducale.
La più ampia sala del palazzo (di 34 x 16,50 metri), situata nel piano nobile, è la Sala Magna. Poi detta Salone Metaurense, fatta costruire da Alessandro Sforza verso la metà del Quattrocento insieme all’avancorpo del palazzo e al portico sottostante. Nel maggio 1475 vi si svolsero le fastose nozze di Costanzo Sforza con Camilla Marzano d’Aragona, nipote di Ferdinando re di Napoli. Nel febbraio 1532 quelle di Ippolita della Rovere, figlia di Francesco Maria I, con il napoletano Antonio d’Aragona duca di Montalto e figlio del suddetto Ferdinando d’Aragona.
Morto nel 1631 Francesco Maria II l’ultimo dei Della Rovere, il ducato d’Urbino venne annesso alla Santa Sede. Il palazzo divenne la sede dei cardinali Legati, rappresentanti pontifici che governarono la città di Pesaro dal 1631 al 1797. Cominciò allora la lunga e inesorabile decadenza del fastoso Palazzo Ducale, con dispersione di opere d’arte di inestimabile valore e dei sontuosi arredi d’epoca. Tra il 1793 e il 1799, quando la città fu sotto il governo repubblicano, furono abrasi gli stemmi e i fregi all’interno delle sale. E, sul prospetto quattrocentesco, fatti a pezzi e gettati nel fiume Foglia.
Con la proclamazione dell’Unità d’Italia nel 1861, il palazzo divenne sede della Prefettura, con drastica dispersione degli arredi d’epoca e radicali trasformazioni, sventramenti e adattamenti degli interni per la creazione di uffici. Le antiche stanze, oggi spoglie, arredate da mobili d’imitazione e ricoperte da carta da parati, erano un tempo rivestite di arazzi e corami. Da quadri di Raffaello, Bronzino, Tiziano, Bassano, Barocci. Arricchite da argenti e maioliche, decorate dalle grottesche degli Zuccari. Molte trasformazioni subite nella prima metà del Novecento anche nella facciata ne hanno mutato l’originario aspetto quattrocentesco, assai dissimile da quello odierno.