Chissà se Filippo Graziani ha ancora quel velo di tristezza sugli occhi. “Come sempre papà ci aveva beccato, è una dedica a me. Quando abbiamo aperto i file per visionare il primo ascolto sapevamo di trovare questo brano. Mia madre Anna lo ricordava bene.
Sono cose emotivamente molto importanti per me e catartiche. Ora che mi spuntano i peli bianchi sulla barba sono un po’ più equilibrato. Ma chi fa questo mestiere non lo è mai totalmente,” racconta il secondogenito di Ivan Graziani. Voce e chitarra, cantautore, Filippo Graziani riceve nel 2014 la Targa Tenco, come ‘Migliore opera prima’ per il suo album da studio Le cose belle, impegnato da anni nella diffusione live del repertorio paterno.
Tutti parlano di questa valigia. “Per mantenere integri quei nastri bisognava tenerli lontano dalla luce e dal calore, si è un po’ fantasticato attorno,” ci sta! “Noi sapevamo dove fossero le cose, ma quando c’è una lunghezza di carriera come quella di papà, anche mettere le mani in formati così vecchi è complicato e a volte si rischia di fare peggio. Sapevamo che c’era ‘ciccia da grigliare’, per questo ci è voluto tempo per farla uscire,” spiega.
Filippo Graziani ha fatto il giro di molte case discografiche, ma alla fine ha deciso di andare in studio ad arrangiare e produrre da sé. “Poi è arrivata la Numero Uno, che guarda caso è la prima etichetta major di papà,” con la quale ha dato avvio al suo inizio di carriera solistica come Ivan Graziani.
Quando i figli Tommaso e Filippo Graziani erano ancora piccoli, Ivan disseminava la casa di chitarre e altri strumenti. Così, entrambi hanno assorbito la passione per la musica senza imposizioni diventando due veri virtuosi.
Tommy, il più grande, si muove dietro le quinte. “È un batterista e quel ruolo funziona bene quando serve la canzone e non il proprio ego. Da grande musicista quale è conosce la sua funzione e il ‘patacca’ lo fa fare a chi sta davanti. Mio fratello ha un grande senso del ritmo, non so neanche che voce abbia. Magari tra i due potrebbe averla più bella lui, però non ce ne ha mai dato la prova,” scherza il cantante dalla esplicita ‘devozione’ per la chitarra, nutrita ampiamente diventando quasi un tutt’uno con lo strumento.
“Le cose o si fanno bene o non si fanno,” dice. “È stato amore a prima vista, tutto è arrivato esponenzialmente con un trasporto totale, ormai la mia vita è scandita da quello.” Imbattersi in Revolver dei Beatles ha avuto un impatto dirompente. “Vengo dalla Romagna in cui si suona tanto e in molti luoghi, e fare gavetta suonando i Rolling Stones e i Beatles mi è servito.”
La timbrica della sua voce ricorda quella di Ivan. Ma per lui “queste cose qui stanno nell’orecchio di chi ascolta, dopo tanti anni non ci faccio più caso.”
La tournée è il punto di svolta di questo disco. “Personalmente rappresenta un livello di profondità all’interno del repertorio di papà che è completamente nuovo. Perché tutto quello venuto prima sono canzoni a cui ho assistito, per le più famose non ero neanche nato.
Ora la possibilità che ho è di avere un occhio e un piede nel repertorio di Ivan in maniera diversa, proprio perché in questo disco c’è anche qualcosa di mio. Ho messo in maniera delicata anche me stesso, arrangiandolo, e per la prima volta vedo un disco di mio padre da dentro. È un punto di svolta molto importante. Si tratta di una tournée con sapore e trasporto diversi, il repertorio me lo cucio addosso per andare a unire i brani inediti coi pezzi storici, o i meno conosciuti dei lati B. Li sento più vicini.”
I riferimenti musicali degli 8 brani, hanno le cose tipiche di Ivan: “Musicalmente mi ha stupito, lui era molto americano, veniva dall’ascolto del rock & roll degli anni Cinquanta e Sessanta e si sente.”
Questo disco offre a Filippo Graziani l’occasione di avere un vestito molto più su misura. “È un po’ anche mio, lo dico con felicità fra i denti, è una soddisfazione di magnitudine difficilmente spiegabile, come uomo e come musicista. Lavorare su un suo disco era un mio sogno, lo considero un vero regalo.
Forse musicalmente è la cosa più grande che ho fatto nella mia vita. In questa modalità qui non potrò più replicare perché non c’è più materia prima. Nel futuro, chissà, potrò ricavarmi altre soddisfazioni anche più grosse.”
La musica porta con sé tanti doni. In questo tour ci sono anche altri validi componenti, “tutti artisti ‘proloco’, a me piace mangiare casalingo,” dice. “Ovviamente mio fratello, poi Francesco Cardelli, uno dei Rangzen, con cui c’è un sodalizio musicale lungo quanto la nostra amicizia. L’ultimo entrato è Massimo Marches, grazie al legame di lungo corso stabilito con Tommy, ai tempi del loro Officine Pan, nome ispirato alla società di nostro padre.
Poi c’è Stefano Zambardino, il nostro cuccioletto, il più giovane, di grande bravura. A me piace coltivare talenti e mettere a disposizione l’esperienza. I musicisti romagnoli non hanno nulla da invidiare agli altri, c’è capacità e forza, sono un cultore della scuola riminese, parliamo tutti lo stesso linguaggio.”
Le prove del tour si tengono a Novafeltria sotto le scuole superiori dedicate a papà Ivan perché “c’è una sala prove che funziona benissimo, siamo tutti della zona per cui è bello stare lì. Vengono a trovarci gli amici e sopra la sala c’è l’Istituto alberghiero. Finché è stato aperto ogni tanto il pomeriggio le professoresse ci mandavano giù i biscotti e il mascarpone. Se non ti coccolano a casa, dove?”
Dopo il primo concerto romagnolo del tour Ivan Graziani – Per gli amici tenutosi all’Auditorium di Morciano di Romagna ci si rivede al Meeting Music Contest ad agosto.