Pallamano a Rimini, passione di famiglia

di Flavio Semprini, foto Riccardo Gallini
Le sorelle Bugli Nella Nazionale Di Pallamano
Gli anni ’70 videro la grande crescita della pallamano a Rimini. Uno sport oggi quasi sconosciuto ai nostri concittadini ma che, al tempo, contava su due squadre maschili in serie A, derby cittadini sentitissimi e buona partecipazione di pubblico.

Questo movimento fece rinascere anche una formazione femminile (la prima squadra di ragazze vide la luce addirittura verso la fine degli anni ’60) che, quando la pallamano maschile aveva già iniziato il suo declino, fu capace di portare ben due scudetti a Rimini nel 1997 e nel 1998. Di quella squadra facevano parte tre sorelle: Barbara, Sara e Laura Bugli le quali, caso rarissimo negli sport di squadra, si ritrovarono tutte e tre a giocare insieme in nazionale.

Come succede che tre sorelle decidano di dedicarsi allo stesso sport? “Colpa di Barbara, la più grande d’età,” rispondono ridendo Sara e Laura. Barbara spiega: “Nel 1984 iniziai a giocare a scuola con il gruppo sportivo scolastico guidato da Gigi Vignali, mio insegnante di educazione fisica nonché ex portiere dell’Hc Rimini.

Nello stesso periodo, Marco Tosi Brandi, anche lui ex giocatore e da sempre impegnato in Federazione, stava rimettendo in piedi una squadra femminile. Così il gruppo di ragazzine in età scolare entrò a far parte della nuova squadra riminese.

Ci allenavamo alle 9 di sera nella palestra dell’ex Teatro e Marco ci riportava a casa una a una con un furgoncino da lavoro che credo fosse di suo padre. Iniziammo dalla serie C ma presto scalammo tutte le categorie.”

Nell’87 Sara, che aveva undici anni, iniziò a giocare nelle giovanili mentre il percorso di Laura è stato un po’ diverso. “Io ero la ribelle di famiglia,” spiega “e decisi di dedicarmi alla pallavolo. Poi però vedevo loro due giocare in Europa con le rispettive nazionali e io, al massimo, facevo le trasferte a Coriano… così mi buttai anch’io nella pallamano che ormai aveva coinvolto tutta la famiglia, anche il babbo e la mamma.”

Per quanto tempo avete giocato insieme in nazionale? “Dal ‘95 al ‘99 circa,” dicono. “La manifestazione più importante alla quale abbiamo partecipato furono i Giochi del Mediterraneo di Bari nel 1997. Partecipammo alla sfilata inaugurale. Jury Chechi era il portabandiera e nello stadio ci accolsero 60mila persone.”

Che tipo di giocatrici eravate? “Completamente diverse l’una dall’altra,” risponde Sara. “Barbara giocava da centrale. Era quella riflessiva, la ‘mente’ della squadra col pallino dell’organizzazione del gioco, il capitano del Rimini. Io ero il pivot, tutta grinta e potenza. Laura era un’ala: rapida, veloce, furba.”

Con il Rimini avete vinto due scudetti nel ‘97 e nel ‘98. Poi la Coppa Italia nel ‘99. L’anno dopo la pallamano femminile a Rimini non esisteva già più. “L’emozione di vincere uno scudetto è qualcosa di grande. A quel tempo nostro padre era il presidente della società e ci accorgevamo delle difficoltà organizzative che c’erano.

In pratica, vivevamo la pallamano 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno fra vita di club e nazionali. Poi, all’improvviso, non fu più possibile andare avanti e questo provocò in noi quasi una ‘cesura’. Come se un tipo di vita fosse finito di schianto e ne dovessimo iniziare un’altra, completamente nuova.” Sara giocò ancora un anno andando a vincere il suo terzo scudetto con il Siracusa. Poi anche lei appese la maglietta da gioco in armadio. 

Oggi le tre sorelle Bugli lavorano, fanno le mamme e, tutte e tre, sono impegnate nelle rispettive parrocchie. Ma Sara e Laura sono anche nel gruppo di tecnici e dirigenti che, con fatica, sta cercando di riportare la pallamano a Rimini dove una partita di un campionato federale non si gioca più dal maggio 2013.

Pallamano a Rimini, passione di famiglia
Qui sopra, le sorelle Bugli. In apertura, una loro foto che risale ai tempi delle partite in nazionale.
Perché lo fate? “Perché ci piacerebbe che i nostri piccoli giocatori provassero quello che la pallamano ha regalato ai nostri anni giovanili: l’ambiente sano, gli stimoli, le amicizie, l’etica sportiva… è stata una scuola di vita. Siamo sicure che se ci sarà questo giusto approccio, poi arriveranno anche i risultati.”

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