Guerrino Siroli e i suoi muri verticali

di Aldo Savini, foto Lidia Bagnara
L’amore per la materia
È sempre una sorpresa, e al tempo stesso un’emozione, entrare nello studio di un artista, è un’anticipazione della sua personalità, come uno specchio che svela già il modo di operare e di custodire i propri lavori.

Lo studio di Guerrino Siroli, in pieno centro a Cervia, è in mezzo ai campi, in un luogo inaspettato che si raggiunge a piedi seguendo filari di viti. Mentre in fondo si intravede il canale delle saline. Probabilmente all’origine era un ricovero per attrezzi di tre ambienti. Due per lavorare e uno per sistemare ordinatamente i lavori e raccogliere tutta la propria storia. 

Una storia iniziata alle elementari quando ha scoperto la passione per il ‘fare arte’, modellando con la terra un animaletto. Tuttavia, la decisione di intraprendere la carriera dell’artista e dell’insegnante è venuta più tardi. Alla fine delle scuole superiori. Dopo il diploma all’Istituto per Geometri di cui resta un’impronta per la struttura, la composizione e gli equilibri delle immagini. Così a 21 anni, nel 1986, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Ravenna.

A metà degli anni Ottanta al corso di pittura avvengono radicali mutamenti quando a Umberto Folli subentra Vittorio d’Augusta. Folli tradizionalista nel figurativo, D’Augusta orientato all’informale e alla sperimentazione del colore. Guerrino Siroli si ritiene fortunato per aver vissuto questo momento di fermenti creativi e l’esperienza di miscelare queste due tendenze alquanto contrastanti. Ricorrendo a materiali poveri utilizzati anche nell’edilizia. Sfruttando il loro colore particolare che consente rapporti tonali ed effetti anche contrastanti che, comunque, hanno il potere di trattenere le emozioni.

Nella lunga carriera ci sono stati vari passaggi che si sono sviluppati per cicli, ma non rotture radicali, lungo una linea di continuità nella sperimentazione dell’immagine che ha mantenuto la caratteristica della verticalità, della parete o, più propriamente, del muro

Nella paesaggistica ancestrale degli esordi, lontana dall’impressionismo per la predominanza del nero, l’oscurità è rotta da chiarori ottenuti dal materiale. La figurazione è puramente evocativa come nei lavori che richiamano visivamente la Sacra Sindone.

Tra i materiali sperimentati anche l’acetato che consente sovrapposizioni ed effetti visivi di forte suggestione, poi in tempi più recenti la ceramica. Riprende dipinti di altri maestri o anche suoi, per riprodurli su supporti creati al tornio, con una base di nero su cui interviene grattando, togliendo i punti luce per ottenere la figura, come nei vasi greci o anche etruschi. E, da ultimo, la sperimentazione della scultura per rappresentare muri, come per la Via Crucis esposta alla Madonna del Monte a Cesena, dove le scene delle 14 stazioni sono davanti a un muro, un muro divisorio, che può essere anche il mare.

Guerrino Siroli è convinto che “la pittura non debba essere leggibile completamente, deve essere individualmente interpretabile,” dice. “E quindi richiede l’intervento dell’osservatore, nel gesto si riesce a distinguere se c’è materia che dà una sensazione, nella costruzione dell’immagine entra un amore anche per il Rinascimento, l’equilibrio, la struttura che qualche volta viene dalla casualità che è nel gesto, a cui segue un intervento mentale che organizzi gli aspetti della forma.”

Pubblicato su Ravenna IN Magazine 03/24, chiuso per la stampa il 19/07/2024

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