Il percorso attuale delle due strade a Ravenna segue quello del corso d’acqua che per secoli tagliò Ravenna da nord a sud. La loro storia, inserita nel contesto di quella millenaria della città, è dunque relativamente breve. A parte il periodo in cui non erano altro che la sponda occidentale del canale, fronteggiata sul lato opposto da quella oggi ricalcata da via IV Novembre e da via Cairoli.
Se si eccettua il palazzo comunale, che fu costruito a cavallo del Padenna già in epoca medievale, fu nel XV secolo che, per iniziativa del governo veneziano, l’antico fiume venne definitivamente tombato. Da quel momento le due strade a Ravenna cominciarono ad assumere identità ben distinte. Più commerciale e ‘lussuosa’ via Matteotti, più defilata e ‘popolare’ via Mentana.
Questa diversa evoluzione è comprensibile se si considera che fino circa al 1870, l’attuale via IV Novembre era un vicolo stretto. E probabilmente poco attraente, dal momento che ospitava molte botteghe di macellaio.
Fino ad allora, dunque, era stata via Matteotti (che assunse tale nome nel dopoguerra, dopo essere stata a lungo un prolungamento di via Cavour) a costituire l’ultimo tratto del percorso principale che portava da porta Adriana a piazza del Popolo.
Anche se non abbiamo molte notizie al riguardo, quale fosse la sua destinazione commerciale privilegiata è attestato dalla denominazione antica, quella di ‘strada delle Calzolerie’. Per i secoli più recenti, per i quali gli archivi ci forniscono maggiori informazioni, sappiamo che vi trovavano sede alcuni degli esercizi più prestigiosi. Come gli orefici e i vetrai.
In particolare, fra il Sei e il Settecento un interessante spaccato di come si presentava il suo panorama commerciale della strada, almeno per un tratto, è costituito dal registro degli affitti delle botteghe del convento di S. Domenico, che era proprietario di tutti gli stabili fra l’attuale via Mordani e l’angolo con via Cavour.
Da qui sappiamo che, ad esempio, nel 1725 vi si succedevano un ramaio, uno speziale, un caffè-pasticceria, due falegnami, un pellicciaio, un vetraio, un calzolaio. Come si vede, la tipologia degli esercizi qui rappresentata non è molto diversa da quella attuale. Come ancora esiste all’angolo con piazza dell’Aquila l’erede di un’antica speziera la cui presenza è attestata almeno dal Cinquecento.
Secondo la testimonianza di Pio Poletti, contenuta nel suo classico libro di memorie Addio vecchia Ravenna!, verso la metà dell’Ottocento essa era uno dei principali punti di incontro della gioventù cittadina. Ma già da quando erano comparsi i primi luoghi di ritrovo in senso moderno, ossia i caffè, questa strada ne era divenuta una delle sedi privilegiate.
Quello che, quasi certamente, fu il più antico locale di questo tipo nella storia di Ravenna, aperto nel 1684 da tale Massimiliano Saporetti, occupava infatti una delle botteghe di S. Domenico, nei pressi della piazzetta laterale della chiesa. Un esempio che fu seguito nel secolo successivo da molti altri locali simili, talvolta destinati a vita effimera, ma talaltra a una lunga storia.
Più appartata, e al di fuori dei percorsi principali che portavano in piazza, via Mentana aveva un carattere decisamente diverso. Certo, anch’essa ospitava alcuni edifici significativi. Come la locanda delle Chiavi all’angolo con piazza dell’Aquila, o il palazzo della nobile famiglia Succi all’estremità opposta. Entrambi, però, davano sulla strada solo con le rispettive facciate secondarie. Sappiamo pure che, sul retro della locanda, sorgeva una delle tante chiese minori e dimenticate di Ravenna, quella di S. Tommaso in Contubernio (S. Tommaso di Canterbury), scomparsa nel Cinquecento.
Gli edifici sull’altro lato erano di regola il retro delle case di via Cairoli, cosa che probabilmente è all’origine della sua denominazione antica, quella di ‘strada dei Bergamaschi’. La folta e intraprendente comunità lombarda presente a Ravenna nel Cinquecento annoverava infatti molti mercanti proprietari o affittuari di stabili. Che si affacciavano sulla regina delle strade commerciali cittadine e, di conseguenza, anche sulla sua parallela.
Successivamente si sarebbe imposto invece il singolare nome di ‘via delle Melarance’, forse per l’esistenza di un magazzino o di una rivendita di tale genere. La presenza che però caratterizzava davvero la strada era quella delle osterie. Che le testimonianze degli archivi figurano assai fitta almeno fino a tutto l’Ottocento.
(continua…)