In pochi sanno, invece, che nasce come commercialista, professione che ha esercitato per otto anni finché, nel 1981, lo zio di sua moglie Stelvio De Stefani – che non aveva figli – lo ha in pratica adottato e fatto entrare in società. Da allora la sua vita è completamente consacrata alle autovetture.
D. De Stefani, cominciando dalla concessionaria che ha una storia più che secolare: quali sono state le tappe principali di sviluppo?
R. “Tutto inizia nel 1910 con la bottega artigiana fondata da Evaristo De Stefani in cui si costruiscono e vendono carrozzine e biciclette. Nel 1927, con l’acquisizione delle OM – Officine Meccaniche si passa agli autocarri.
Con l’entrata in scena di Stelvio nel 1958 viene acquisita la concessione per tutta l’Emilia-Romagna delle automobili Simca. Il 1985 è l’anno della grande riorganizzazione aziendale e con l’acquisizione del marchio Mercedes-Benz, a cui è seguita quella di Smart e di MG. A Ravenna, c’è la sede storica De Stefani a Ponte Nuovo, a cui si aggiungono le filiali di Forlì, Imola e Cesena. Dal 2016, siamo presenti sia a Ravenna che a Lugo anche con Destauto, una nostra controllata al 58%, per i marchi Renault e Dacia.”
D. Come si riesce a superare indenni le tante crisi economiche e a restare competitivi?
R. “Come amo ripetere, bisogna distinguere una ‘azienda vecchia’, che è tale proprio perché ormai ‘impolverata’, da una ‘vecchia azienda’ che invece è riuscita a superare le crisi. Ecco, noi siamo una ‘vecchia azienda’. La crisi più importante di qualsiasi azienda, in realtà, non è di tipo economico ma generazionale: spesso non si va oltre la seconda, noi siamo già alla quarta con i miei nipoti già inseriti in azienda anche se sotto la mia direzione.”
D. Com’è cambiato il mondo dell’auto a Ravenna?
R. “Mio padre mi raccontava che la prima base della De Stefani era in centro, in piazza dell’Aquila nei locali di Palazzo Trincossi, dove ora c’è una banca. Prima dell’ultima guerra, l’auto era un lusso da ricchi, dopo si è assistito al boom della motorizzazione. Negli anni Sessanta, c’è stata la moda dei mercati che gradualmente hanno perso il loro fascino. Ed ecco che è nata la necessità di avere sedi fisiche perché il cliente non era più disposto a fare chilometri. Oggi il mercato dell’auto è maturo e si avvia ad affrontare un importante punto di sostituzione perché la tecnologia ha cambiato tutto.”
D. Un tempo il potenziale cliente girava con la mitica rivista Quattroruote sottobraccio, oggi?
R. “Ora si è abituato a configurare l’auto già su internet e ad arrivare in concessionaria già sicuro di quello che vuole. Con la nascita e il moltiplicarsi dei siti web, le nuove vetrine, il cliente ormai si ‘cattura’ tramite internet: è lì che si gioca la vera partita con consulenze e strategie ad hoc.”
D. De Stefani , fino al 2024 sarà alla guida di Federauto. Conta di continuare?
R. “Per evitare che me lo propongano, ho fatto cambiare lo statuto con una norma che impone un massimo di due mandati. Sono stati anni entusiasmanti ma anche pesanti e il ricambio è necessario per innovare.”
D. Un po’ come tanti altri comparti, il mercato dell’auto è in forte rallentamento…
R. “Sì. Forse non sono stato fortunato… Durante i miei mandati, ci sono stati il passaggio dalle auto a motore endotermico a quelle elettriche, poi la pandemia e ora l’arrivo di nuovi regolamenti. Il lockdown è stato devastante, dimostrando inoltre tutti i limiti della globalizzazione, del non avere più fabbriche produttrici di preziosi componenti ‘sotto casa’. Le poche aziende produttrici di micro-chip, tutte tra Taiwan, Giappone e Corea, sono state bloccate. Con la ripresa della produzione, le aziende automobilistiche si sono messe in fila ad aspettare, ed è ancora così perché in realtà i microchip servono anche a chi realizza PC e altri prodotti. Se si considera che per ogni auto nuova ci sono 5-6 mila microchip, si capisce l’entità del problema.”
D. Un problema che non si era mai verificato prima?
R. “Di tal portata, no. Ma con il terremoto di Fukushima del 2011, la chiusura dell’unica fabbrica al mondo del pigmento metallizzato, ha messo in serio pericolo la fornitura mondiale di vernici.”
D. Guardando avanti, De Stefani, quali proiezioni è possibile fare?
R. “Secondo uno studio del Sole 24 Ore, c’è ancora da aspettare per una normalizzazione in quanto la crisi dei microchip – che ha inciso su 13 milioni di autovetture – influenzerà anche il 2023. Quest’anno chiuderemo con una produzione di 1 milione 300 mila auto nuove, la stessa registrata negli anni Sessanta, a fronte di 9 milioni di auto circolanti. Se si considera che prima del lockdown l’Italia era un Paese che stava andando verso i 2 milioni di auto nuove, si capisce l’entità della crisi. Oggi come oggi, con l’aumento dei prezzi legati alla tecnologia anche nelle utilitarie, risaliremo verso 1,5-1,6 milioni di auto nel giro di 5/6 anni, se andrà bene, con un ulteriore invecchiamento delle auto. In Italia l’età media di un’auto è di 11 anni e 8 mesi, di gran lunga superiore a quella della Germania e dei Paesi del Nord Europa.”
D. De Stefani , come va il mercato dell’elettrico?
R. “È fermo al 4% quest’anno, ben lontano dal 50% della Norvegia. Non c’è da stupirsi, queste auto costano molto, in media 38 mila euro contro un prezzo medio di 22 mila euro. Attualmente gli incentivi sono serviti solo ai ricchi che se la comprano per sfizio. Basterebbe seguire l’esempio della Germania, ossia rendere detraibili le auto per le partite Iva, quelle che realmente fanno muovere il parco auto, con cambi ogni 30-36 mesi. In questo modo, si otterrebbero auto semi-nuove a disposizione di coloro che hanno una capacità di spesa inferiore ma che sarebbero interessati a un usato in buone condizioni e moderno. Perché va detto che la tecnologia non è solo un problema di inquinamento ma anche di sicurezza su strada.”
D. Lo chiederete al nuovo governo?
R. “Certamente, così come proporremo di rendere gratuito il passaggio dell’auto che ora costa 400-500 euro e altri ammortamenti e incentivi che devono diventare strutturali. Detto questo, ci vorrà un ventennio a cambiare il mercato dell’auto.”