Non a caso, da piccolo, Andrea Biancani sognava di fare il chitarrista, suonare la chitarra elettrica. “Ora, da adulto, sogno di imparare a suonare il pianoforte, chissà se realizzerò questo mio desiderio.” Intanto si muove, tiene un ritmo che attraversa i suoi pensieri, guarda con attenzione, sa ascoltare anche con la postura del corpo.
Quando ha capito che poteva fare il sindaco? “Ho accarezzato l’idea negli anni tra il 2009 e il 2015, quando ricoprivo il ruolo di assessore, poi però si è aperta la strada del consiglio regionale. Nove anni di vita da pendolare tra Pesaro e Ancona, molti impegni, tanto da studiare e dell’eventualità di fare il sindaco mi ero quasi dimenticato,” racconta. “Il destino ha voluto, invece, che sull’ipotesi di una mia candidatura a primo cittadino ci fossero convergenze importanti, avevo il sostegno del partito e gli alleati mi consideravano una figura unitaria. Sia chiaro, non ho fatto carte false per concorrere a questo ruolo, anzi, ci ho pensato molto e poi mi sono buttato. Come sto?” si chiede da solo. “In questo ruolo e con questi compiti sto bene. È un impegno faticosissimo, totalizzante, però mi piace essere il sindaco della mia città.”
Andrea Biancani racconta di non avere avuto maestri e di non essersi ispirato a qualche persona in particolare ma di avere sempre condiviso il senso della politica con chi ci mette la faccia e si sporca le mani. Con chi è capace di avere una visione generale della città e del futuro ma senza perdere l’attenzione nei confronti degli aspetti meno evidenti, delle piccole cose, conservando empatia e vicinanza per le persone. Del resto, fare il sindaco è un lavoro, non una missione.
Biancani scuote la testa, incrocia le mani e confessa: “No, è proprio una missione. Una missione molto rilevante se il sindaco lo fai con consapevolezza e responsabilità.”
Sul suo futuro ha le idee chiare come è nel suo personaggio, tutto concretezza e poco sfarfallare. Ovviamente vorrebbe ricoprire due legislature, perché per lasciare un segno del proprio lavoro nella storia della città sono necessari almeno dieci anni. Dopo di che, fatta una botta di conti, si vede over 60 e non certo nelle condizioni (tanto meno con la voglia) di andare in pensione. Andrea Biancani ha passioni da vendere: dal jazz alla moto, dall’arte contemporanea al mare, dalla cucina alla bicicletta e non sarebbe tipo da annoiarsi. Però appartiene a quella fascia, non maggioritaria, di politici di professione che un lavoro, da anni nel cassetto, ce l’hanno.
Fa un po’ il ‘piacione’, sicuro della sua simpatia, di quell’essere cordiale e compagnone, bonario e affettuoso. Ma chi lo conosce bene arricchisce il ritratto raccontandolo gioviale e accogliente ma anche testardo, dominante e pure irascibile. “A me piacciono le cose fatte bene e precise,” dice. “Sono molto ordinato, archivio il mio lavoro e quando vedo lavori fatti male viene fuori anche l’aggressività che di me non è una caratteristica nota. Diciamo che quando una situazione non mi convince, dal secondo piano del palazzo comunale si sente chiaramente che il sindaco non è d’accordo.”
Se gli offri il tema edificante del sacrificio, Andrea Biancani non ne approfitta. Tanto che se gli chiedi a chi deve dire grazie per averlo supportato fino ad arrivare a indossare la fascia tricolore, ribadisce: “Il Partito Democratico, chi mi ha votato dandomi la forza di continuare, chi mi ha fatto capire che avevo e che ho cose da dare. Ma soprattutto mia moglie, che mi è sempre stata vicina e ha sempre sostenuto le mie scelte. C’è stato un momento in cui si è ipotizzata una mia candidatura a livello parlamentare: anche in questo caso Marzia era al mio fianco. Comunque, del fatto che l’eventualità non si sia concretizzata, sono quasi contento. Il contesto locale in questa fase è molto più interessante: mi piace fare l’amministratore della cosa pubblica, conosco in modo approfondito la macchina comunale, ho capacità di relazionarmi con gli altri e questo mi soddisfa.”
Con una donna come Marzia al suo fianco, c’è da credere che per il primo cittadino la parità di genere non sia un giorno da festeggiare ma una pratica quotidiana del suo agire umano e politico. Si inalbera lievemente e usa le mani come un pallottoliere. “Io rispetto e apprezzo chi continua a lavorare su questi temi perché c’è ancora tantissimo da fare ma personalmente ricordo che lavoro con tre addette stampa, tre addette alla segreteria, è una donna il segretario generale e in giunta ci sono cinque donne e quattro uomini. Non accade per caso.”
Spazio alla leggerezza che però gli provoca un conflitto interiore: meglio la moto o la bicicletta? “Mi piacciono tutte e due ma la moto è meglio, ti consente di viaggiare e ti porta più lontano. Il casco ha cambiato il modo di andare in moto e quando potevo andarci con la testa libera era una grande emozione, i capelli al vento… Però so che è una questione di sicurezza e ben venga il casco.” Guardando in garage, si può dire che i caschi e il suo ciuffo nero scarmigliato dal vento simboleggino la nostalgia di intere generazioni. Lo si può perdonare.
Mare o montagna? “Mare, faccio pochi bagni, sono freddoloso, ci metto venti minuti per buttarmi, al massimo quattro tuffi a stagione. O cammino o sto sotto l’ombrellone.”
Da quanto tempo non va al cinema? “Dalla settimana scorsa, ho visto il film su Berlinguer ma è un caso, erano mesi che non ci andavo.”
Sa cucinare? “Sì, cucino, lavo, stiro, so fare la lavatrice, faccio il cambio degli armadi, sono un perfetto casalingo.” Un difettino nella vita domestica? “Sono goloso, mi piace mangiare hamburger e patatine, dolci e buon vino. Fortuna che mia moglie mi tiene a stecchetto.” Il piatto preferito? “Alici marinate o fritte con insalata e patate al forno.”
Un augurio alla città di Pesaro. “Che diventi sempre più bella e più giusta e che tutti i cittadini possano essere sempre più consapevoli del valore, delle qualità e di come ci si vive bene. Con tutto quello che ci resta da fare.”