Booliron: Un pezzo Di storia Della riviera Romagnola

di Annamaria Gradara, foto Riccardo Gallini
Hip hop e graffiti in un docufilm
Erano le cenerentole, gli sgarrupati, gli svuota piste. Quelli degli scantinati e dei privés, quelli dei centri sociali. Erano i protagonisti dell’hip hop in Riviera, i ‘figli’ di quel coacervo di creatività esplosa nei bassifondi newyorkesi del Bronx una cinquantina di anni fa sotto forma di musica rap e DJing, break dance e graffiti. Una tendenza, una cultura, oggi divenuta mainstream. E in questa storia c’è anche un pezzo di Romagna.

Lo racconta un documentario dal titolo Booliron, prodotto da Flash Future Film, in collaborazione con Rete DOC, con la regia del riminese d’adozione Francesco ‘Kambo’ Figliola e la sceneggiatura dello stesso Figliola insieme a Stefano ‘Word’ Serio. Dopo l’anteprima mondiale a maggio al Bellaria Film Festival, ora inizia un tour di proiezioni. Si è partiti proprio da Rimini, il 3 luglio.

Attraverso numerose testimonianze, tra le quali quelle di figure come Tormento e Double S, dei Colle der Fomento e Polo Mc, di Piotta, Esa, Master Freez e Moder, Booliron racconta di come, tra gli anni Ottanta e Novanta, il diffondersi dell’hip hop nella Riviera romagnola abbia avuto caratteristiche talmente uniche da portare innovazione e persino influenzare e cambiare l’intera scena dell’underground italiano di quegli anni.

Momento clou fu Indelebile 94, la Woodstock romagnola che si tenne a Rimini nel luglio del 1994, al Parco Marecchia. Segnò la presa di coscienza per il movimento, fece crescere la rete nazionale e internazionale. Raduno musicale e raduno di graffittari. Tra i writers all’opera anche Eron, oggi noto artista di livello internazionale.

In quegli anni in cui il mito della Riviera era già consolidato, in cui già impazzavano i nomi delle discoteche simbolo della vita notturna (dal Paradiso al Pascià, dallo Slego alla Baia degli angeli), il fenomeno più ‘sommerso’ dell’hip hop iniziò a dilagare, a creare comunità, a distinguersi tra le tendenze, i comportamenti sociali, la cultura del divertimentificio e dello sballo dell’epoca. 

“Figure come Gianni Fabbri del Paradiso furono i primi ad aprire le porte a un fenomeno che era del tutto nuovo,” ricorda Figliola. Non solo: “In Romagna nacquero i primi direttori artistici dei locali e tra questi abbiamo intervistato per il film Lucas Carrieri.” Argentino, laureato in Filosofia, finì a lavorare prima a Ibiza per arrivare a fare il barman in Riviera, quindi il direttore artistico del locale Barcelona.

La sua idea innovativa per l’epoca: chiamare i ‘graffittari’ per la grafica promozionale del locale. Ma lo stesso Gianni Fabbri non fu da meno, aprendo le porte del suo Paradiso ai Public Enemy, band di culto, ‘pesi massimi’ del fenomeno hip hop a livello mondiale, in quel periodo in Italia per un tour estivo. Non meno leggendario fu il concerto degli Ice Cube allo Slego, il 30 marzo del 1993. E poi l’esperienza di Match Music a Riccione rievocata nel film da Marta Bigozzi. Avvenimenti di cui il doc restituisce le tracce visive attraverso filmati e fotografie d’epoca, recuperati scandagliando in archivi sia privati che pubblici.

Booliron altro non è che il titolo di una canzone diventata un inno per gli ‘adepti’ dell’hip hop. “Buttati, buttati nel booliron… mi balla il sangue… booliron.” Il refrain è orecchiabile, con tutti i beat al posto giusto per rientrare nell’etichetta del rap. Unica novità, rispetto al ‘canone’, il testo è tutto un misto di italiano e dialetto. Booliron, dalla parola semi dialettale romagnola ‘bulirone’, fu l’azzeccatissimo brano creato nel 1997 da Stefano Serio alias Word mc, rapper e promotore della cultura Hip Hop dal 1991. 

“Nasce dalla frequentazione della discoteca Melody Mecca e dall’incontro, avvenuto durante una edizione della Festa del Borgo San Giuliano di Rimini, tra me e Dj Meo,” ricorda l’autore. La parola ‘bulirone’ risuonò perfetta per rappresentare il ribollire, il caos e la trasgressione senza regole, dentro e fuori la pista da ballo. Booliron finisce in una compilation uscita in vinile nell’estate del 1997. E fu subito inno.

In apertura, il regista e sceneggiatore del docufilm Francesco ‘Kambo’ Figliola. Qui sopra, il rapper Stefano ‘Word’ Serio.
Pubblicato su Rimini IN Magazine 02/24, chiuso per la stampa il 08/07/2024

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