Molti turisti però ignorano che, fino a pochi decenni fa, il Borgo San Giuliano fosse una delle zone più malfamate di Rimini. Ad abitarlo, negli anni Sessanta e Settanta erano soprattutto ex pescatori (divenuti bagnini), tassisti con un passato da fiaccherai, prostitute, disoccupati. Agli autoctoni si erano poi aggiunti immigrati, provenienti dall’interno o dal meridione, per godere del benessere derivato dall’inarrestabile sviluppo turistico del dopoguerra.
Molte le case abbandonate. I loro proprietari erano emigrati all’estero in cerca di fortuna. Oppure si erano semplicemente trasferiti a San Giuliano mare o all’Ina-casa, in dimore meno umide e diroccate.
Alcuni riminesi (o turisti) si spingevano oltre il ponte di Tiberio solo per andare a mangiare in una di quelle trattorie di pesce oramai divenute celebri, come il Lurido o la Marianna. Altri invece si tenevano alla larga, avendo quasi paura di entrare in quello storico covo di anarchici.
E così, mentre Rimini cambiava il proprio volto, Borgo San Giuliano decadeva. L’amministrazione comunale decise allora di intervenire, coinvolgendo il rione nel visionario progetto dell’architetto De Carlo. Le casette a schiera sarebbero state abbattute attuando poi un utopico progetto di costruzione autogestita. I borghigiani si opposero al piano con tutte le loro forze. Non potevano accettare che le case, nelle quali erano nati o che, con sacrificio, avevano acquistato, venissero rase al suolo.
La rinascita dovette invece cominciare dall’interno, da un comitato di volenterosi abitanti che si oppose al degrado. Fra le varie iniziative poste in essere, a dettare un deciso cambio di passo fu una festa del quartiere. L’idea degli organizzatori era quella di porgere la mano alla città, invitarla a conoscere Borgo San Giuliano.
Abbattere insomma quei pregiudizi che aveva creato un’invalicabile barriera fra le due sponde originarie del Marecchia. A dimostrazione di ciò, in quella sera di settembre del 1979, vennero bruciate delle porte di cartapesta, erette per l’occasione all’inizio del Ponte di Tiberio, facendo strada alla banda cittadina proveniente da corso d’Augusto.
I riminesi che, a poco a poco, si riversarono fra i vicoli trovarono bancarelle, musica, luci e mostre d’arte. L’evento fu un tale successo che spinse i borghigiani a replicare successivamente la festa il primo fine settimana di settembre degli anni pari. Nel corso dei decenni l’evento è diventato un appuntamento fisso del fine estate riminese, ospitando, ad ogni edizione, decine di migliaia di persone. E attirando l’attenzione sul borgo, oggi abitato da professionisti, imprenditori e artisti attratti da quel modo di vivere che ha sempre caratterizzato il quartiere.
Particolarmente importante la festa del 1994, organizzata pochi mesi dopo la morte di Federico Fellini e dedicata proprio al regista. Presero vita i primi murales a tema felliniano che hanno fatto nascere la leggenda secondo la quale il Maestro sarebbe vissuto o addirittura nato fra i vicoli del Borgo.
La festa di quest’anno avrà, come quella del 1979, il significato di una rinascita. A causa della pandemia che, per diverso tempo, ha impedito ogni tipo di assembramento, Borgo San Giuliano non organizza la propria festa da ben sei anni. Nel 2020, infatti, con mascherine sul volto, si è tenuta una ‘non festa del Borgo’. In quell’occasione si è ricordato Fellini a cento anni dalla nascita. Nel 2022 la festa non si è proprio tenuta.
Il prossimo settembre, invece, Borgo San Giuliano tornerà ad accogliere i suoi ospiti. Tema della festa sarà la musica da ballo della Rimini del dopoguerra, dallo swing portato dagli Alleati fino alla musica delle celebri discoteche della costa.