Giuseppe Biuso è lo chef del ristorante Vite di San Patrignano, già stella verde Michelin, e dalla scorsa primavera firma anche il menù di Talea, il nuovo ristorante vegetariano, di terra e di mare. Perché, oltre a ortaggi e verdure, ci sono anche le alghe al piano superiore dello stesso locale.
Trentasei anni, siciliano d’origine, è arrivato in Romagna per avvicinarsi alla famiglia, dopo aver salutato Il cappero del Theresia Resort dell’isola di Vulcano, dove già aveva avviato l’esperienza analoga del ristorante Tenerumi.
Una scelta di benessere in primis, ma spesso anche etica, è alla base della svolta vegetariana e vegana di un numero lentamente crescente di italiani. In larga parte giovani, ma soprattutto donne.
A spiegarlo in cifre è l’istituto di statistica Eurispes che nel 36° Rapporto Italia 2024 ha rilevato come si dichiari vegetariano il 7,2% del campione intervistato. Il +3% rispetto al 2023, mentre si dice vegano il 2,3%, una quota in lieve calo (-0,1%). Circa 2,5 milioni di italiani.
Che sia soprattutto una scelta femminile è confermato dallo stesso report: le donne che seguono una dieta vegetariana sono l’8,9% contro il 5,4% di uomini. Ed è lo stesso per coloro che si dichiarano vegani: 2,8% delle donne, l’1,9% degli uomini.
Empiricamente, se n’è accorto nel suo ristorante lo chef Biuso che conferma: “Alla tavola di Talea non arrivano solo vegetariani, forse un 50% lo è. Nel 99% dei casi sono le donne che portano mariti, fidanzati, amici a provare il nostro menù. Sono più curiose: vogliono scoprire e assaggiare, gli uomini sono più titubanti.
La Romagna poi è attaccata alle proprie tradizioni a tavola, ma trovo persone curiose che provano e dopo aver sperimentato qualcosa di completamente diverso dicono ‘però è buono!’. Credo che la maggior parte delle persone scelga una dieta vegetariana per la salute. Oggi compri ad esempio un pollo ma non sai cosa mangi. Spesso si tratta di carne che arriva da allevamenti intensivi e vale lo stesso per la maggior parte del pesce. Si fa fatica a trovare qualcosa di realmente naturale.”
Una carta vegetariana e vegana è comunque una scelta coraggiosa anche in un contesto di alta cucina. Perché, sbirciando sempre le statistiche, resta il fatto che in Italia l’88,6% degli uomini e l’82,4% delle donne vegetariani non sono. E la quota di chi è più diffidente vive proprio al sud e al centro dello stivale. Una sfida stimolante per Giuseppe Biuso che a sua volta non è vegetariano.
“Per il lavoro che faccio credo che per me sarebbe un limite esserlo, c’è ancora un’infinità di prodotti che non conosco e che devo provare. Ne ho la necessità, altrimenti la testa si spegne,” dice. Ma ammette che “fare qualcosa di nuovo è più facile con una materia prima vegetale.”
Il passaggio alla comunità di Coriano è stato vitale per innescare nuove idee. “Avevo già cominciato ad appassionarmi allo studio sulla cucina vegetale e sentivo il bisogno di approfondire. Ho saputo che San Patrignano voleva utilizzare di più e al meglio la produzione dei propri orti e del caseificio. E ci siamo incontrati,” racconta lo chef Biuso. “Questo ristorante è completamente immerso nella natura. Qui trovo tutto, ortaggi, verdure, frutti, bacche, erbe aromatiche, ma anche pini e cipressi… e sperimento sapori diversi.”
Gli orti di San Patrignano dedicano uno spazio ad hoc per la dispensa dei ristoranti Vite e Talea, compresi ortaggi richiesti dallo stesso chef. Diversi cavoli, radici, radicchi, tanti tipi di pomodori e pomodorini, peperoni di varia foggia, melanzane perline tipiche siciliane, ovviamente i tenerumi.
“Posso selezionare la materia prima che mi serve, nel momento in cui si adatta meglio al piatto che voglio fare,” spiega ancora Giuseppe Biuso. “Anche prima della completa maturazione. Un microporro o una microzucchina, un datterino acerbo. Idem se ho bisogno di una ricotta calda, di uno squacquerone appena cagliato o del siero. È un grandissimo vantaggio per uno chef. È come avere un libro di fornitura sempre a disposizione, ma senza imporre velocizzazioni o condizionamenti. Concedendo alle verdure di crescere con il loro tempo o le loro imperfezioni.
Questa filiera super corta mi ha consentito di fare quello scatto in più che cercavo. Poi ci sono la ricerca e lo studio che non possono mai venire meno anche con una materia prima eccelsa a disposizione, perché oltre a non dover essere mai banale, un piatto deve anche essere sempre decifrabile.”