Elisabetta Zavoli e il respiro della foresta

di Marco Montemaggi, foto Riccardo Gallini
La fotografia Di Elisabetta Zavoli Che racconta Ambiente E scienza
Ho conosciuto Elisabetta Zavoli, fotografa documentarista di fama internazionale, nel corso di un lavoro per la sezione ‘Art for sustainability’ del Museo d’impresa della Zordan di Valdagno. L’impresa (B Corp dal 2016) è attenta al tema della sostenibilità, e il linguaggio dell’arte, in special modo la fotografia, è stato ritenuto il più innovativo per testimoniare l’argomento nel Museo Zordan.

La proposta espositiva di Elisabetta Zavoli denominata Ti faccio vedere con gli occhi chiusi, curata da Denis Curti, fu scelta come risposta migliore. Il progetto infatti era quello di raccontare come gli alberi ‘vedono’ la natura di cui fanno parte. 

D. Elisabetta Zavoli, innanzitutto quando hai pensato a questo progetto e perché?

R. “L’idea di cercare di immaginare come le piante vedono il mondo, o potrebbero vederlo, nasce da due eventi che mi hanno profondamente segnato. Un viaggio in Amazzonia nell’agosto 2019 e lo scoppio della pandemia nel marzo 2020.

In Amazzonia sono andata con l’amica Sara Michieletto, primo violino dell’Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia, per partecipare alla residenza artistica Labverde per far conoscere la foresta a 20 artisti da tutto il mondo.

La giungla tutt’intorno era un mare cupo. Prima che il primo raggio di sole scavalcasse l’orizzonte dalla foresta, all’unisono si alzavano nubi di vapore acqueo accumulato nella notte. La foresta respirava. Pochi mesi dopo l’Italia è entrata in lockdown. In quel momento ho letto il libro Come pensano le foreste dell’antropologo Eduardo Kohn. Frutto di quattro anni di lavoro a contatto con il popolo dei Runa, nelle foreste dell’Alta Amazzonia ecuadoriana. Kohn sostiene che la foresta vive e che noi umani non siamo gli unici a interpretare il mondo che ci circonda. Da qui la domanda: le piante vedono? E se vedono, cosa guardano?”

D. Come hai realizzato tecnicamente questo punto di vista non umano ma vegetale?

R. “Facciamo una premessa sul ‘vedere umano’. Quando la luce del sole entra nel nostro occhio crea un’immagine sulla retina. Gli esseri umani hanno tre tipi di coni, in grado di rilevare il rosso, il verde, il blu. Questi segnali danno origine ai circa 200 colori che siamo in grado di distinguere. Ciò che chiamiamo colore non è altro che la nostra percezione visiva di una lunghezza d’onda compresa tra 400 nm a 700 nm.

Anche le piante hanno un pool di pigmenti fotosintetici in grado di riconoscere la qualità della luce che ricevono e di assorbirla, fotorecettori diffusi in tutte le parti verdi del loro corpo. È come se le piante avessero occhi in grado di vedere il mondo ma da prospettive spazio-temporali diverse.

Esiste un pigmento, la clorofilla alfa, che è presente in tutte le piante. Ho quindi progettato e fatto costruire dall’azienda americana Chroma un filtro che, montato sulla mia ottica, fa entrare nella macchina fotografica solo le due lunghezze d’onda assorbite dalla clorofilla alfa. 430 nm (indaco) e 662 nm (rosso). La suggestione è quella di un punto di vista sconosciuto su un mondo già conosciuto.”

D. Elisabetta Zavoli, dove hai scattato queste immagini?

R. “Queste fotografie vengono da un corpus di immagini scattato nell’arco di 6 mesi nella valle pre-alpina del torrente Agno e valli limitrofe della Provincia di Vicenza.

È un lavoro che nasce dalla volontà dell’Azienda Zordan di raccontare la vulnerabilità climatica del loro territorio da un punto di vista particolare, quello delle piante.”

D. Questo è uno dei progetti fotografici che esegui da tanti anni in tutto il mondo. Perché Elisabetta Zavoli ha iniziato a lavorare nel campo della fotografia ambientale?

R. “Mi sono laureata in Scienze Ambientali a Ravenna, sede distaccata dell’Università di Bologna nel 2001. È stata la facoltà perfetta per assecondare la mia biofilia e formarmi nella comprensione della complessità. Le questioni ambientali sono sempre complesse, pertanto le soluzioni cercate devono essere complesse.

Ogni volta che muoviamo un tassello, economico climatico o biologico, tutto il sistema si altera anche a grande distanza spazio-temporale. Da fotografa ambientale cerco di mettere questa consapevolezza in ogni progetto che realizzo.”

D. Tu sei recentemente diventata National Geographic Explorer. Com’è nata questa esperienza?

R. “Sono diventata National Geographic Explorer a fine 2022. La National Geographic Society, dalla sua nascita nel 1888, ha finanziato più di 15.000 progetti di explorer di tutto il mondo. Sono progetti con lo scopo di proteggere le meraviglie del nostro pianeta attraverso la ricerca scientifica, progetti di conservazione ed educazione, o di storytelling.

(continua…)

Elisabetta Zavoli e il respiro della foresta
In apertura, la fotografa documentarista Elisabetta Zavoli. Qui, alcune fotografie di Elisabetta Zavoli scattate nel 2022 per il progetto “Ti faccio vedere con gli occhi chiusi” su commissione dell’azienda Zordan. Il progetto è attualmente allestito in una mostra temporanea presso il Museo Zordan, a Valdagno.
Elisabetta Zavoli e il respiro della foresta
Elisabetta Zavoli e il respiro della foresta
Nel mio caso, il progetto che ho proposto era un racconto per immagini e riguardava le soluzioni che comunità locali in Italia, Grecia e Croazia, stanno sviluppando per mitigare e adattarsi all’invasione del granchio blu atlantico. Tra queste c’è il progetto Blueat della Società Benefit riminese Mariscadoras.”
Pubblicato su XX IN Magazine XX/XX, chiuso per la stampa il XX/XX/XX

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