Enrico De Luigi

di Lucia Lombardi, foto Filippo Zaghini
Un nuovo inizio: Il fotografo dei set del cinema a Rimini
Da tempo aveva voglia di uno spazio tutto suo, permanente, che lo rappresentasse, in cui lavorare, in cui ritrarre persone, famiglie e coppie. Così Enrico Chico De Luigi (1966), affermato fotografo per il cinema e per musicisti di fama internazionale, dà vita a Pancromatica, nella sua città d’origine, Rimini. Un progetto nato in virtù dell’esigenza di lavorare in un posto che non fosse solo temporaneo, “come mi era accaduto negli ultimi dieci anni durante i quali, in occasione di festival, creavo contenitori ad hoc in cui invitare altri artisti e condividere quelle iniziative”, racconta.

Il desiderio di Enrico De Luigi è che Pancromatica sia uno spazio pubblico, aperto alla città “per conoscersi e riconoscersi”, precisa il fotografo. “Non è casuale infatti la scelta di averlo creato con tante vetrine: tutto lo spazio è visibile già da fuori, non c’è niente da nascondere! Ovviamente poi durante le sessioni di ritratto ognuno avrà attorno a sé l’intimità di cui ha bisogno. Si tratta di uno spazio flessibile, in cui la luce naturale è una caratteristica preziosa. Tengo molto a questa idea di apertura verso la città, verso chi conosce già il mio percorso o verso chi ci si avvicina per la prima volta.”

All’interno di questo luogo si trova lo studio in cui lavora quotidianamente: “una fine art gallery in cui si possono acquistare stampe fotografiche in formati e tirature diverse, una sala di pose per i ritratti che stampo e incornicio, una zona dedicata al coworking e un’area per servizi fotografici di moda o pubblicitari attrezzata con tutti i comfort necessari. Pancromatica è un luogo che ha fame, curiosità, vuole fagocitare quante più espressioni artistiche e umane possibili, da qui anche il nome: Pancromatica, cioè tutti i colori.”

A proposito, ora prediligi esprimerti attraverso il bianco e nero o il colore?

“Dipende dalle situazioni, negli ultimi tempi per gli still life ho prediletto colori accesi e saturi, ma da quando ho aperto Pancromatica ho ricominciato a ritrarre in bianco e nero.”

A quale punto della tua ricerca fotografica ti trovi?

“Negli ultimi due anni, in concomitanza con la pandemia, mi sono dedicato maggiormente alla ricerca personale, producendo serie di immagini dedicate ai fiori (Photosynthesis experience e Mandala) e un’altra incentrata sugli spazi e la luce che li attraversa (Light room). Sicuramente le mie fotografie da sole sanno esprimerlo meglio di ogni parola, quindi se passate da Pancromatica a guardarle capirete a pieno!”

Durante festival, eventi, o per riviste nazionali e internazionali, come GQ, Vanity Fair, Rolling Stone, Riders, Sportweek, hai fotografato molti personaggi famosi, attori e non solo. Cosa significa per te ritrarre?

“Nel ritrarre le persone è racchiusa tutta la magia di un incontro, comprendere quella che è la personalità del soggetto. È soprattutto un atto di fiducia e di apertura.”

Cioè?

“Stabilire una comunicazione di fiducia significa prima di tutto avvicinarsi all’essenza delle persone, l’obbiettivo è racchiudere in uno scatto emozioni ed espressioni autentiche. Non mi piacciono i ritratti impostati o troppo postprodotti, per indole tendo a produrre immagini spontanee, vere.”

Cosa caratterizza il tuo scatto attuale rispetto a quello degli anni scorsi?

“Sono diventato più riflessivo e meno istintivo, l’attrezzatura è cambiata, ho abbandonato l’utilizzo di fotocamere compatte e sono passato al medio formato. Vengo attratto dai dettagli e dai cromatismi. Prima scattavo istantanee, ora soprattutto negli still life faccio più attenzione alla composizione e alla costruzione della luce.”

Chi vorresti fotografare che non sei ancora riuscito ad immortalare?

“Tom Waits.”

Chi sono i tuoi punti di riferimento?

“I miei punti di riferimento sono da sempre Irving Penn, Luigi Ghirri e Paolo Roversi. Nel presente il mio sguardo va a Guido Guidi, Lorenzo Vitturi, Thomas Hauser e Paul Kooiker.”

Per creare un ambiente idoneo, metti musica mentre scatti?

“Attualmente durante le sessioni ascolto molto Nils Frahm e Ólafur Arnalds. Altrimenti faccio scorrere liberamente la playlist di 18 ore del profilo Spotify di Pancromatica. Ma talvolta ritaglio tappeti musicali adatti a chi sto fotografando.”

Cosa pensi dei libri fotografici e quanti ne hai realizzati coi tuoi lavori?

“Amo comprare e collezionare libri di fotografia. Con i miei lavori sono usciti una decina di libri fotografici. Vorrei pubblicarne uno con gli still life dei fiori e uno con il meglio del Blob, il diario per immagini che ho prodotto quotidianamente dal 2010 al 2018.

Qual è oggi la sfida più grande cui sta andando incontro la fotografia?

“La sfida più grande è produrre immagini non stereotipate.”

Quando hai capito che la fotografia sarebbe stata per la vita?

“A due anni e mezzo, quando i miei genitori mi hanno regalato la mia prima macchina fotografica: da quel momento non ho più smesso.”

Chi sono i tuoi scrittori preferiti?

“Gianni Celati e Alejandro Jodorowsky.”

Lavori da tanto tempo come fotografo di scena. Che rapporto hai con il racconto cinematografico?

“Ho lavorato su una quarantina di set cinematografici, la maggior parte erano produzioni Fandango. Il cinema mi ha aiutato a comprendere e gestire la luce e i soggetti da fotografare, a prescindere dal fatto che siano attori o persone comuni.”

Il fotografo Enrico De Luigi. Seguono uno scatto della serie Mandala e un dettaglio del nuovo studio a Rimini, Pancromatica, e De Luigi al suo interno.

Progetti fotografici in cantiere?

“La primavera mi vedrà esporre al Circolo Santabago di Santarcangelo di Romagna un portfolio di fotografie appartenenti alla serie Mandala, frutto del lockdown 2021. Sempre a Santarcangelo presso l’Osteria da Oreste è possibile visionare un’installazione site specific permanente dalla serie Erbario Romagnolo.”

Cosa fa di te un nome della fotografia contemporanea?

“Mi fa molto piacere questa domanda, ma sarei curioso di farla io a voi!”

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