Una luce soprattutto naturale che intreccia relazioni con le opere esposte, riflettendosi sui loro volumi e valorizzandone così forma e materia. La storia di Fondazione Sabe è questa.
Alla ricerca di uno studio più grande, l’artista Mirella Saluzzo, insieme al marito Norberto Bezzi, imprenditore nel settore marittimo, aveva individuato in questo spazio in via Pascoli 31 il luogo ideale per accogliere il suo archivio. Ma la genesi della sua trasformazione l’ha portata poi altrove. A immaginare un’altra destinazione, un altro progetto. Perché i luoghi hanno sempre una memoria e un destino individuali che riaffiorano improvvisamente. Suggerendo e condizionando anche inconsciamente le scelte sul loro utilizzo finale.
Iniziata la ristrutturazione, la scoperta delle capriate, nascoste dai controsoffitti, ha fatto infatti ritrovare agli spazi un nuovo respiro di bellezza, rivelando così potenzialità fino allora inespresse dalla galleria Ninapì che diversi anni fa aveva qui la propria sede. Ma ancora prima, agli inizi del Novecento, questo antico edificio aveva ospitato una famosa ebanisteria e successivamente una tipografia.
Uno spazio che conservava quindi nel suo Dna non solo un fascino artigianale d’antan ma anche la memoria di gesti e liturgie di un savoir-faire che, nel tempo, avevano contribuito a costruire la sua forte identità. La ristrutturazione, durata quattro anni, è stata quindi un continuo work in progress che si è svolto su piani differenti ma complementari. Uno strutturale, curato dallo studio di architettura di Ettore Rinaldini, e uno estetico, a cura dell’architetto Gianni Errani, sui quali si è innestato l’intervento filologico di conservazione e restauro di Ada Foschini.
Senza dimenticare il fattore emozionale. “Man mano che andavamo avanti, ci rendevamo conto che questa ristrutturazione stava diventando sempre più preziosa. Per cui a un certo punto ci siamo domandati se fosse opportuno continuare a considerare questo spazio come privato o piuttosto cominciare a pensare di renderlo pubblico,” rivela Norberto Bezzi.
Una meditazione che ha richiesto tempo e soprattutto una visione più ampia, proiettata nel futuro e che ha poi generato una forma di mecenatismo virtuoso. La Fondazione Sabe per l’Arte è stata quindi inaugurata il 13 novembre 2021. Ritmata da nuovi volumi che, a pianterreno, si snodano ora lungo tre ariose gallerie comunicanti, illuminate da sei lucernari e da un’ampia lunetta da cui si intravede la natura circostante.
Ripristinato anche l’accesso al giardino che offre un’ulteriore estensione dello spazio espositivo, annullando il confine tra interno ed esterno attraverso grandi vetrate. Un’area è poi destinata allo studio privato di Mirella Saluzzo che non ha dovuto così rinunciare al suo sogno iniziale. Al primo piano, dove si arriva da una scala posta all’ingresso, si trova invece la sala conferenze e proiezioni.
“L’obiettivo principale di Fondazione Sabe è di portare all’attenzione del pubblico la scultura che penso sia un po’ trascurata. Anche perché nelle gallerie mancano spesso spazi adeguati per esporla,” dice Mirella Saluzzo. Ovviamente particolarmente sensibile a questo tema, essendo lei stessa una scultrice.
E soprattutto manca frequentemente la distanza necessaria dalle opere. Indispensabile per restituire la giusta prospettiva a chi le osserva. “Con le nostre proposte, vorremmo ampliare l’offerta culturale della città, seguendo delle linee guida precise,” aggiunge Norberto Bezzi.
La programmazione prevede infatti solo tre mostre l’anno, con quattro appuntamenti culturali per ognuna, il penultimo dei quali è dedicato alla presentazione del catalogo, realizzato dal raffinato editore ravennate di libri d’arte Danilo Montanari.
Del Comitato Scientifico, presieduto da Francesco Tedeschi – ordinario di Storia dell’arte alla Cattolica di Milano – fanno parte i professori dell’Università Alma Mater di Bologna e delle sue sedi distaccate Claudio Marra, Federica Muzzarelli, Gian Luca Tusini, oltre a Claudio Spadoni, già direttore del MAR.
Direttore artistico della Fondazione è invece Pasquale Fameli. Critico d’arte e studioso dell’ateneo bolognese. Ma la storia della Fondazione è anche una storia di passione. “Guai se non ci fosse… assieme alla curiosità e al mio coinvolgimento nell’arte,” precisa Mirella Saluzzo.
La prima mostra Fuori Asse è stata infatti dedicata a lei, alle sue sculture in lamina di alluminio, spesso tagliate al laser. Spirali, volute, cerchi che a volte, sospesi sulle pareti, si libravano nell’aria. Suggerendo movimento. Respiro. Estendendo i confini spaziali.
Scenario diverso per la seconda, intitolata Un viaggio, che ha trasformato la Fondazione in un luogo di partenza – o di arrivo – attraverso mappe, goniometri, tracce lasciate da Gabriella Benedini che ha voluto condividere questa esperienza nomade con Mirella Saluzzo. I prossimi appuntamenti prevedono anche un evento in collaborazione con Cantieri Danza per Ammutinamenti – Festival di danza urbana e d’autore, e una mostra inserita nel circuito di RavennaMosaico – Biennale del Mosaico Contemporaneo.