Schiudere le porte a un futuro meno nebuloso con una fuga dalla città. Condividiamo le storie di chi ha scelto di lasciare la città, con i suoi ritmi frenetici, per far ritorno alla terra riscoprendo l’amore per la natura e per la sua essenza genuina.
La storia di Valentina e Mattia
Tra i ‘rivoluzionari’ artefici del cambiamento Valentina Baldoni e Mattia Trombi, titolari del Podere Canova d’Orlando – Alchemic House, ospitale casa di campagna sulle colline tra Castrocaro e Predappio, a pochi passi dall’osservatorio astronomico di Montemaggiore. A soli venti minuti da Forlì ma nel cuore di un mondo gentile, quasi fiabesco, dove è possibile abbandonarsi tra le braccia di una natura inviolata, imparare a rallentare, a respirare, a valorizzare ogni singolo istante.
“Qui il tempo sembra essersi fermato e il cuore si riempie dei ricordi di un passato lontano,” racconta la quarantaduenne Valentina: “Si ha l’impressione di avvertire i profumi e i sapori genuini della casa dei nonni. I suoni della natura avvolgono ogni senso e aiutano a ritrovare il benessere, a riscoprirsi.”
Un mondo capovolto rispetto a quello frenetico della riviera ravennate dove la coppia viveva prima della svolta. Dettata da una sorta di ‘saturazione’. “Io lavoravo come operatrice sociosanitaria a Ravenna, mio marito era cuoco in uno stabilimento balneare di Marina Romea: nel periodo dell’emergenza sanitaria abbiamo iniziato ad avvertire insofferenza alla confusione. Così ci siamo detti: ora o mai più, e siamo felicissimi della scelta fatta.”
Il paradiso a portata di mano è punteggiato da una veranda di vite antica, una vecchia stalla restaurata adibita a usi diversi a seconda delle esigenze, un giardino popolato da cani, gatti, pavoni. “Insegno yoga, organizzo eventi e laboratori olistici mentre Mattia cucina i prodotti della terra nell’home restaurant aperto solo tre giorni a settimana su prenotazione e con una capienza massima di quindici persone,” dice.
“Un ambiente intimo e famigliare, dove ci piace vivere momenti di condivisione con gli ospiti. Ci alimentiamo con prodotti semplici e genuini: facciamo la spesa dai contadini e dai pastori, utilizziamo il vino di Predappio e Terra del Sole. Ci piace sostenere chi ancora mette il cuore in quello che fa.” Scelte non comprensibili a tutti.
“La gente è convinta che viviamo nelle caverne vestiti di sole pelli animali. Persino le nostre famiglie ci avevano preso per pazzi. Quassù non ti senti mai solo, ti accompagnano i canti degli uccellini e gli animali che vivono in libertà. E ho addirittura imparato a usare il trapano. Perché, in linea con il pensiero di Picasso, faccio quello che non so fare per imparare.”
Fuga dalla città verso Rocca San Casciano
La filosofia di cercare il futuro nel passato si rinviene anche a Rocca San Casciano, a Ca’ Nova dei Biforchi. Un centro comunitario che “è casa, bosco, ricerca, musica popolare, arte e comunità aperta, conviviale.”
Ad accogliere amorevolmente gli ospiti sono Alessandro Fabbri, quarantaduenne antropologo e operatore socio-culturale. Con lui Ana Maria Perez, spagnola di Pamplona dai talenti di traduttrice, docente di spagnolo in un’università privata, accordatrice di pianoforti ed esperta di musiche popolari antiche romagnole. Galeotti furono il Festival dei Buskers, la Casa del Cuculo di Fratta e una serie di belle coincidenze.
“A un anno dal nostro primo incontro ci eravamo già trasferiti sul Monte Girone,” raccontano. “Una scelta frutto di semplici valutazioni: i nostri genitori sono autonomi e la distanza dai servizi non costituisce un problema. Viviamo in mezzo al bosco, a 600 metri di altitudine, a contatto diretto con la natura. Oggi le priorità sono diverse rispetto al passato.”
Sopra tutto il benessere della condivisione. L’amicizia favorita da una porta sempre aperta. E ancora le notti stellate, le foglie mosse dal vento, l’alternarsi delle stagioni, l’incontro di energie. Tra laboratori esperienziali, semine poetiche, canti e balli, anche un preciso obiettivo da inseguire: il ‘ripopolo’ dell’Appennino.
“La festa dei Biforchi nasce proprio per creare connessioni, fare rete e gettare un seme per invertire la tendenza rispetto agli anni in cui gli abitanti delle montagne ‘scendevano’ in città inseguendo le comodità.” Un evento festoso che trasforma il monte Girone in “una fucina di contentezza.”
Susanna e Ugo da Milano alle Foreste Casentinesi
Hanno seguito le ragioni del cuore Susanna Castellazzi e Ugo Pepe, titolari dell’agriturismo Mulino di Culmolle. “Abbiamo lasciato Milano per far crescere i figli in un ambiente più sano,” raccontano marito e moglie. “Alla ricerca di un agriturismo da gestire, ci siamo imbattuti in un annuncio su un giornale e siamo partiti assieme a una famiglia di amici, rimanendo sorpresi dalla bellezza dei luoghi e dallo splendore del parco delle Foreste Casentinesi.”
Una fuga dalla città gradito al secondogenito, 7 anni appena, decisamente meno alla sorella maggiore preadolescente, perplessa di fronte a una vita completamente nuova. “Tanto è vero che finito il liceo, è tornata a Milano ma ci raggiunge spesso. Quanto a noi, abituati a lavorare nel mondo della pubblicità, della fotocomposizione e della tipografia, non sapevamo nulla di agricoltura,” raccontano.
“Per fortuna abbiamo trovato vicini deliziosi che ci hanno insegnato quando piantare le patate e come allevare maiali, cinghiali, cavalli, galline, conigli. Dopo sette anni di attività il nostro socio, che curava la cucina, ha scelto di intraprendere un’altra strada. Rimasti in due abbiamo deciso di chiudere la ristorazione e dedicarci solo all’ospitalità. Momenti difficili? Ce ne sono stati tanti però l’idea di tornare a Milano non ci ha mai sfiorato. Della città non ci manca nulla: in posti come questi ci si rende conto che nella vita sono davvero poche le cose che servono.”
Fuga dalla città: dal mare alla montagna
Cervi, daini, cinghiali, ma anche un pavone, un frustone e il lupo che di notte si avvicina riprendendosi il suo territorio. I vicini di casa più selvatici li ha senza dubbio Mauro Munaretti che dal 2016 ha lasciato Cattolica per il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, un habitat naturale, non più abitato, dove i sensi si acuiscono. Un passaggio brusco per chi è cresciuto ai piedi delle Alpi, in provincia di Brescia, e si è sempre immaginato di invecchiare in una baita in pietra.
“Dopo la separazione, desideravo trascorrere più tempo con i miei bambini. È stato così che ho iniziato a portarli nelle Foreste Casentinesi,” racconta. Si imbatte nella Cortina di sotto, una casa in sasso nella Valle di Pietrapazza. Qui Mauro ha dato inizialmente vita ad un bed & breakfast, La Confluenza. Stanco di dividersi tra il verde incontaminato e il lavoro di responsabile commerciale nel settore dei macchinari edili, due anni fa decide di dare la priorità al benessere e si trasferisce definitivamente qui.
“Dopo il Covid, inizio ad ospitare solo conoscenti. E insieme ai ragazzi del rifugio Trappisa di Sotto, vicini di casa diventati amici e con i quali già collaboravo, decidiamo di prendere in gestione il piccolo chiosco di Poggio alla Lastra”. Oltre a questo, Mauro si dedica alla costruzione di oggetti in legno. Coltiva l’orto e ha in progetto di piantare erbe officinali e realizzare un apiario. Vive con Ambra, una Springer Spaniel bianca e marrone che lo accompagna ovunque. “C’è un legame molto forte che ci unisce ed è difficile separarci.”
(continua…)