Chissà quali pensieri passarono nella testa di Garibaldi quando, giunto sul luogo dell’appuntamento verso la mezzanotte del 14 agosto, non trovarono nessuno ad aspettarli. Eppure era proprio lì, davanti all’ingresso monumentale del cimitero di Forlì, che avrebbe dovuto avvenire il ‘passaggio’ dello scomodo fuggiasco dalle mani dei patrioti ravennati a quelle dei forlivesi. Per proseguire quella fuga che, per le modalità con cui si svolse, prese il nome di Trafila di Garibaldi.
Del resto, in quel mese e mezzo trascorso dalla fine del sogno della Repubblica romana e dall’uscita dalle porte della Città eterna alla testa di oltre 4.000 uomini, il 2 luglio 1849, era successo di tutto. Un esercito di volontari decimato dalla caccia senza sosta per mezza Italia da parte delle truppe austriache, francesi, spagnole, napoletane e toscane.
Lo scioglimento della legione a San Marino. E l’inizio della fuga risalendo i territori del Rubicone fino al porto di Cesenatico, dove si imbarcò in cerca del sogno poi sfumato della Repubblica di Venezia. La cattura e fucilazione di molti dei volontari che l’avevano seguito fin sulla spiaggia di Comacchio. La morte di stenti della moglie Anita alle Mandriole.
La fuga tra le paludi ravennati. Fino a qui, alla periferia di Forlì, guidati da patrioti che non esitarono a mettere in pericolo la propria vita per portare in salvo colui che con la sua persona ha incarnato l’anelito per la libertà e l’indipendenza nazionale.
Seguendo quindi uno degli itinerari proposti da Romagna Motorcycle, il nostro viaggio sulle orme di quegli eroi prosegue proprio da qui. Alle porte della città che, non senza patemi, fu attraversata nella notte guadando il Rabbi quasi alla confluenza con il Montone.
Tappa successiva del manipolo di fuggiaschi sarà invece la Terra del Sole che con Rovere segnava il confine tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. All’altezza di Pieve Salutare deviamo sulla SP54 poco prima di Dovadola per visitare un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato. Quella Villa Raggi che diede rifugio per la notte ai fuggitivi e ai loro accompagnatori. “Guidato a Monte Trebbio dove era atteso da don Giovanni Verità,” ricorda infatti la lapide commemorativa, “Giuseppe Garibaldi qui si fermò dalla sera del 17 a quella del 18 agosto 1849.”
Al di là del monte infatti li attendeva a Modigliana un prete del tutto speciale. Don Giovanni Verità, che riuscì a incarnare il suo essere uomo di chiesa con quello di patriota con ugual intensa partecipazione. È poco dopo Dovadola, che con ciò che rimane del suo antico castello recentemente restaurato domina ancora la statale che si allunga verso il Passo del Muraglione e la Toscana, che deviamo verso Modigliana e il Passo del Monte Trebbio.
Purtroppo le recenti vicissitudini che il nostro territorio ha subito specie in questi luoghi al momento non permette di percorrere – speriamo per poco – la SP21. Che porta alla sommità del passo dove ‘Don Zvàn’, come veniva chiamato, lo stava attendendo per raggiungere la casa parrocchiale dove, in assoluto segreto, poterono riposarsi per un paio di giorni. In particolare ‘Leggero’, l’aiutante di campo del Generale che, unico sopravvissuto, l’aveva fin qui accompagnato.
Lasciamo anche noi Modigliana e le sue testimonianze storiche di grande bellezza. La porta d’ingresso al centro storico, la Tribuna. O il ponte della Signora, nella prima periferia, o ciò che rimane dell’antica Rocca dei Conti Guidi. Seguiamo come fecero Garibaldi e Leggero travestiti da carbonai, il corso del torrente Accereta, che lasciata la città si spinge nell’intimità dell’Appennino.
Raggiunta Marradi è attraverso la stradina intervalliva che da Badia della Valle la strada conduce fino a Popolano. Siamo nel cuore più selvaggio di questi monti, fuori dalle rotte più battute come quelle che dovette scegliere Don Giovanni Verità nella fuga.
La meta si avvicina ed è di valle in valle che ora prosegue il percorso. Prima, superato Passo Carnevale, fino a Palazzuolo sul Senio. Poi, oltre il Valico del Paretaio, fino a Coniale. Per proseguire toccando Sasso di San Zenobi fino al Passo della Raticosa e a Filigare, dove maestoso come un tempo si erge il complesso doganale, costruito nel 1818 da Ferdinando III di Toscana a controllo del confine con lo Stato Pontificio.
A Filigare Garibaldi, Leggero e Don Zvàn si separeranno. E prenderà inizio la parte toscana della fuga, che dalla spiaggia di Cala Martina porterà sì i fuggiaschi in salvo a Porto Venere, in Liguria. Ma che purtroppo rappresenterà solo una tappa del lungo peregrinare che porterà Garibaldi esule in America. (continua…)