Giulia Menichetti è docente alla Harvard Medical School e membro della facoltà affiliata al Network Science Institute (Northeastern University).
Si è specializzata in scienza delle reti e guida il progetto Foodome, che mira a tracciare la complessità chimica del cibo e a sviluppare strumenti per svelare l’impatto delle sostanze chimiche sulla salute.
Giulia Menichetti, perché ha deciso di studiare fisica e come è arrivata a occuparsi di cibo?
“Mi piace pensare al mestiere dello scienziato come all’attività di riconoscere e collegare forme in vari ambiti del mondo che ci circonda. Avere la capacità di descrivere e predire i fenomeni naturali è quello che mi ha portato alla fisica fin da piccola.
Ero affascinata dalla cosmologia, ma durante l’università mi sono accorta che i problemi più interessanti dal mio punto di vista erano nell’ambito dei sistemi complessi. Sistemi composti da molte componenti in cui le caratteristiche del singolo non predicono il comportamento del sistema.
Ne vediamo esempi tutti giorni. Il fatto di essere vivi, il nostro stato di salute e la variabilità nella risposta ai farmaci. L’organizzazione degli stormi e dei branchi, l’evoluzione delle infezioni, la polarizzazione delle opinioni sulla rete. Sono arrivata a studiare il cibo e la dieta perché sono fattori fondamentali per la nostra salute, ambiti in cui ancora la scienza della complessità non era approdata.”
Il suo ruolo attuale è quello di investigator e lecturer alla Harvard Medical School. Giulia Menichetti, può spiegare meglio di cosa si tratta?
“La Harvard Medical School mi consente completa indipendenza e i mezzi per studiare quello che desidero. Il sistema di Harvard Medical School è molto più simile al CNR italiano piuttosto che a un classico dipartimento.
Sono stata assunta per continuare ed espandere il progetto Foodome, di cui sono a capo dalla fine del 2016, ora a cavallo fra il Network Science Institute di Boston e Harvard. Foodome si occupa di caratterizzare il nostro cibo con la stessa precisione che viene usata per creare e studiare i farmaci.”
Una dieta equilibrata può diminuire l’assunzione di farmaci?
“Sì. Questo è lo scopo del progetto. Basta pensare a quanti farmaci sono derivati da componenti chimici presenti nelle piante. Una dieta bilanciata dovrebbe ridurre e lavorare in sinergia con i farmaci necessari, e rendere inutile la maggior parte degli integratori.
Dobbiamo pensare alla dieta più come un processo nel quale il nostro organismo si è evoluto insieme al suo ambiente, e si è abituato ad assumere i componenti chimici necessari al nostro funzionamento. Questo spiega perché assumere lo stesso quantitativo per un certo nutriente da cibi fortificati piuttosto che da cibi naturali veda il nostro corpo assorbirli diversamente.”
Parlando di cibi ultra processati prodotti dall’industria alimentare, quanto dobbiamo credere alla comunicazione delle aziende?
“Poco. Quasi zero. Molto del marketing si basa su vecchie concezioni della dieta, nelle quali periodicamente avevamo un nuovo ‘colpevole’ da ridurre. Questo approccio ha portato a creare un prodotto alimentare quanto più lontano dalla dieta dei nostri antenati, determinato da una logica di profitto piuttosto che di corretta alimentazione, in cui la sostituzione di certi nutrienti determina l’aggiunta di additivi che tengono insieme il prodotto e danno consistenza e sapore.
Queste specie chimiche aliene sono note per danneggiare e alterare la nostra flora batterica. Il nostro corpo non si è evoluto per gestirli in maniera sana. Anche la scienza evolve, e stiamo scappando dall’idea di pensare al cibo in maniera riduzionista, ovvero solo in termini di singoli grassi, zuccheri, o calorie.
In realtà, tutti questi elementi e le loro relazioni determinano come ogni singolo componente chimico viene percepito dal nostro corpo. Questo effetto si chiama matrice del cibo. Il cibo ultra-processato non conserva nessuna traccia dell’effetto originale, e anche se può essere fortificato (e quindi etichettato come buona sorgente di minerali, vitamine) non necessariamente questo è il modo in cui nostro corpo preferisce ricevere quelle sostanze.”
Qual è la dieta per rimanere in salute secondo il parere di Giulia Menichetti?
“La verità è che non c’è una dieta per tutti, ma c’è tanta variabilità individuale e diverse diete ideali a seconda del pool genetico di appartenenza. Se non ci sono tempo e risorse per indagare il proprio profilo, questi sono in linea di massima i consigli: avere una dieta variegata che copra un range ampio di gruppi alimentari per assumere tutti i nutrienti essenziali con la loro matrice del cibo originale.
Un’ampia varietà di vegetali è particolarmente importante dati tutti i componenti chimici che essi producono per difendersi e che sembrano addestrare la nostra flora batterica. Evitare il cibo ultra-processato.”
Quando fa la spesa cosa c’è nel suo carrello? Essere italiana condiziona le sue scelte?
“Tanti tipi di verdure, frutta, legumi, yogurt e proteine animali quando ho una buona consapevolezza della qualità dell’allevamento. Rispetto agli americani, essere italiana mi porta a utilizzare olio extra vergine di qualità, bere rigorosamente espresso, e a non consumare praticamente mai bibite.
Sono un’italiana atipica in quanto non consumo quasi mai pasta se non con piacere quando sono ospite. Ho un debole per il cioccolato fondente e le uova.”
Attualmente è negli Stati Uniti, ma pensa di poter tornare in Europa a medio termine?
“I sistemi accademici sono molto diversi e, al momento, cerco di mantenere una rete di collaborazioni in Italia e in Europa per portarvi parte dei miei studi e per non avere una visione troppo americano-centrica del mio lavoro. L’attenzione dell’Europa su queste tematiche è crescente, probabilmente pochi sanno che in Italia siamo fra i primi paesi in Europa per obesità infantile.”