La buona tradizione

di Lucia Lombardi, foto Fabrizio Petrangeli/GRPHOTO
Manilo Maggioli racconta i trent’anni della Sangiovesa
Ogni domenica alle 12, da trent’anni, si siede con la moglie per pranzare al suo tavolo preferito, nella sala che ha allestito con le opere dell’illustre concittadino, il pittore Guido Cagnacci.

Uno scrigno di tesori, un inno poetico al suo paese di origine, Santarcangelo di Romagna, in cui Manlio Maggioli è nato e dove nel 1990 ha aperto l’osteria delle osterie, La Sangiovesa, un condensato della tradizione di questi luoghi e di chi li ha abitati.

E poiché il lockdown non ha permesso i festeggiamenti dei 30 anni, lo si fa ora con l’uscita di un volume di ricette e storie: La Romagna in Trent’anni di cucina. Per questo incontriamo Manlio Maggioli, dentro le antiche mura di Palazzo Nadiani, dove è riuscito a racchiudere con abilità, lungimiranza e visionarietà un condensato della tavola romagnola, “quella preparata dalle nostre mamme, per dimostrarci affetto e cura.

Si trattava degli stessi menu proposti dalle osterie di cui il paese era dotato e noto per via dei suoi importanti mercati, frequentati da tutta la Valmarecchia e oltre”.

Manlio desiderava preservare i mangiari autoctoni, per degustarli alla “vecchia maniera”, così ha realizzato un locale in cui trovare solo “piada come companatico e vino sangiovese”. Potrà sembrare strano oggi, “ma allora non era una cosa scontata, poiché erano anni in cui la tradizione veniva cancellata!”, precisa il patron.

Per lui venire qui è un rito, oggi come allora: “scambiare due parole con le sfogline, osservare i particolari, mangiare un piatto di strozzapreti, così come passeggiare per Santarcangelo, dove mi salutano tutti. Non ho mai perso quel rapporto di intimità con il luogo, come quando accompagnavo i miei genitori a piedi fino ai Cappuccini.

O come quando con l’amico Tonino Guerra, per circa 20 anni, abbiamo passeggiato per le contrade del paese vecchio mettendo in campo molteplici progetti o fantasticando su questo luogo. Il Palazzo era del conte Nadiani, figura di grande fascinazione: era un estroso filantropo”. Così Maggioli, appena avuta la possibilità, ha acquistato gli spazi, sviluppando successivamente con gli amici Tonino Guerra e Alteo Dolcini l’idea di farne l’Osteria di Santarcangelo.

“Le cose belle sono venute fuori lentamente.” Il segreto della sua visionarietà e del successo come imprenditore sta nel “curare i dettagli dopo aver avuto l’idea.  L’invenzione di per sé non conta, è il particolare a caratterizzarla. Mi piacciono le cose tangenti a ciò di cui già mi occupo. Diventano un completamento della filiera”.

Trasmettere senza imporre è per il signor Manlio il segreto del rapporto con figli e nipoti. Per farli volare “si deve essere presenti con discrezione”. In questa trasmissione di passioni e di sviluppo tangente della filiera, nell’appuntamento del cibo con la storia, il testimone lo ha raccolto la nipote Olivia, che lo chiama al cellulare proprio mentre chiacchieriamo: “La Tenuta di Saiano è l’azienda agricola di famiglia, nata dalla volontà di produrre materie prime per l’Osteria.

Ora se ne occupa mia nipote, l’unica dei 5 ad avere la passione per questo ambito. Si tratta di 100 ettari di aria pura, in cui si offrono anche piatti con le materie prime prodotte in Tenuta”.

In foto Manilo Maggioli
Anche qui come a La Sangiovesa ciò che conta è che vi sia coerenza tra l’idea, il suo sviluppo e il modo di vivere il luogo da parte di chi produce e chi fruisce.
Pubblicato su XX IN Magazine XX/XX, chiuso per la stampa il XX/XX/XX

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