Uno scrigno di tesori, un inno poetico al suo paese di origine, Santarcangelo di Romagna, in cui Manlio Maggioli è nato e dove nel 1990 ha aperto l’osteria delle osterie, La Sangiovesa, un condensato della tradizione di questi luoghi e di chi li ha abitati.
E poiché il lockdown non ha permesso i festeggiamenti dei 30 anni, lo si fa ora con l’uscita di un volume di ricette e storie: La Romagna in Trent’anni di cucina. Per questo incontriamo Manlio Maggioli, dentro le antiche mura di Palazzo Nadiani, dove è riuscito a racchiudere con abilità, lungimiranza e visionarietà un condensato della tavola romagnola, “quella preparata dalle nostre mamme, per dimostrarci affetto e cura.
Si trattava degli stessi menu proposti dalle osterie di cui il paese era dotato e noto per via dei suoi importanti mercati, frequentati da tutta la Valmarecchia e oltre”.
Manlio desiderava preservare i mangiari autoctoni, per degustarli alla “vecchia maniera”, così ha realizzato un locale in cui trovare solo “piada come companatico e vino sangiovese”. Potrà sembrare strano oggi, “ma allora non era una cosa scontata, poiché erano anni in cui la tradizione veniva cancellata!”, precisa il patron.
Per lui venire qui è un rito, oggi come allora: “scambiare due parole con le sfogline, osservare i particolari, mangiare un piatto di strozzapreti, così come passeggiare per Santarcangelo, dove mi salutano tutti. Non ho mai perso quel rapporto di intimità con il luogo, come quando accompagnavo i miei genitori a piedi fino ai Cappuccini.
O come quando con l’amico Tonino Guerra, per circa 20 anni, abbiamo passeggiato per le contrade del paese vecchio mettendo in campo molteplici progetti o fantasticando su questo luogo. Il Palazzo era del conte Nadiani, figura di grande fascinazione: era un estroso filantropo”. Così Maggioli, appena avuta la possibilità, ha acquistato gli spazi, sviluppando successivamente con gli amici Tonino Guerra e Alteo Dolcini l’idea di farne l’Osteria di Santarcangelo.
“Le cose belle sono venute fuori lentamente.” Il segreto della sua visionarietà e del successo come imprenditore sta nel “curare i dettagli dopo aver avuto l’idea. L’invenzione di per sé non conta, è il particolare a caratterizzarla. Mi piacciono le cose tangenti a ciò di cui già mi occupo. Diventano un completamento della filiera”.
Trasmettere senza imporre è per il signor Manlio il segreto del rapporto con figli e nipoti. Per farli volare “si deve essere presenti con discrezione”. In questa trasmissione di passioni e di sviluppo tangente della filiera, nell’appuntamento del cibo con la storia, il testimone lo ha raccolto la nipote Olivia, che lo chiama al cellulare proprio mentre chiacchieriamo: “La Tenuta di Saiano è l’azienda agricola di famiglia, nata dalla volontà di produrre materie prime per l’Osteria.
Ora se ne occupa mia nipote, l’unica dei 5 ad avere la passione per questo ambito. Si tratta di 100 ettari di aria pura, in cui si offrono anche piatti con le materie prime prodotte in Tenuta”.