Magnifica testimonianza ne sono i blocchi di calcare che in un periodo lontanissimo scivolarono dal Tirreno fino a qui, galleggiando su un mare d’argilla e rendendo questo territorio unico al mondo.
Il profilo del monte del Titano è solo il primo, provenendo dal mare, degli incontri che faremo nel nostro viaggio di scoperta che, in sella alla nostra moto e seguendo itinerari secondari e romantici, ci porterà a scoprire, risalendone il corso, il fiume Marecchia fino alle sorgenti che si perdono tra le falde del Monte Zucca.
Oltrepassato all’altezza di Covignano il serpente di lamiera della Nuova Circonvallazione, la via Santa Cristina ci proietta, col suo andamento sinuoso, nella bellezza del territorio riminese. Superati i Casetti, non occorre poi molto per iniziare ad affrontare le prime curve della collina, che ancora qualcuno continua a chiamare al costi ad Sgrigna.
Via Santa Cristina è un vero e proprio Eden per ogni motociclista coi suoi tornanti e i suoi saliscendi che in breve, superata San Paolo, ti portano al cospetto del profilo del Monte del Titano e delle tre torri che come pennacchi lo caratterizzano.
Sulla destra, poco oltre, è invece la rocca di Verucchio, la fortezza da cui il centenario Malatesta (o il Mastin vecchio, come lo ha reso immortale Dante) dominava l’antica strada che da sempre, lungo il corso del fiume che ha dato il nome alla stessa città di Rimini, ha collegato l’ultima propaggine della pianura padana alla Valtiberina, l’Adriatico al Tirreno.
Lasciando il fascino di Verucchio, del suo castello, del suo borgo e, soprattutto, dello straordinario museo archeologico che, con pezzi unici al mondo, è forse la testimonianza più alta della civiltà Villanoviana, è solo per pochi km che dobbiamo scendere sulla frustrante Marecchiese prima di risalire verso San Leo e il suo forte.
Federico da Montefeltro (ricorrono quest’anno i 600 anni dalla sua nascita) affidò il compito di ridisegnare la rocca per approntarla alle nuove esigenze difensive al grande architetto e ingegnere senese Francesco di Giorgio Martini, che la rese un tesoro inestimabile per storia e bellezza.
I 9 km che da Pietracuta ci portano nel cuore di questo borgo antico, capace di conservare oltre alla rocca gioielli architettonici unici come la torre civica, il duomo, la pieve, sono un inno al piacere d’andare in moto. Dall’alto di San Leo lo sguardo è libero di spaziare a 360°, verso la visione del mare e San Marino, ma anche verso i profili rupestri del Monte Aquilone e della rupe di Maioletto, e verso il profilo di Villagrande e del Carpegna, verso cui ora ci dirigiamo.
Tra Villagrande e Carpegna l’incontro con le cascatelle del Conca sono un appuntamento da non perdere, specie se si ha la fortuna di trovarle gonfie d’acqua e di avere una moto come la nostra che, agile, ci porta fin quasi al punto in cui, fragorose e affascinanti, le acque precipitano a valle.
Carpegna, col suo Palazzo dei Principi di Carpegna, ci aspetta così come, più avanti ancora, il magico spettacolo dei Sassi di San Simone e del Simoncello, i due blocchi calcarei che, attorno a 137 milioni di anni fa, tra il Tortoniano ed il Pliocene inferiore, giunsero scivolando lentamente fino a qui, durante quella che la geologia definisce la Colata della Val Marecchia.
Numerosi sono i blocchi calcarei che, come il Sasso Simone (1204 m) e il Simoncello (1221 m), caratterizzano oggi la Valmarecchia, dalle rupi di San Leo e San Marino al Monte Carpegna, ai profili di Verucchio, Pietracuta, Saiano, Torriana, Pennabilli. Un territorio unico di 4791 ettari nel cuore del Montefeltro, che la concomitanza fortuita del caso e la lungimiranza dell’uomo ha tutelato e difeso, con la nascita nel 1996 di un parco regionale e nel 2013 del Parco interregionale Sasso Simone e Simoncello.
Diverse sono le opzioni per entrare, una volta lasciata la moto, nel cuore del parco. Quello che personalmente preferiamo parte da Ca’ Barboni, a cui si giunge, lasciata Carpegna e superata Miratoio, dopo una ventina di km lungo la SP84. Un’oretta di cammino impegnativo quanto gratificante porta ai piedi di Sasso Simone e a ciò che resta della Città del Sole, uno dei sogni infranti di Cosimo de’ Medici.
Proseguendo da Ca’ Barboni in breve si è invece a Sestino e da qui, risalendo in piega i bellissimi tornanti del valico di Colcellalto, tornare in Valmarecchia per giungere, seguendo il corso secondario del Presale, a Badia Tedalda, tappa fondamentale di quella giostra che è, per tutti i motociclisti tosco-romagnoli, il Passo di Viamaggio.
Sosta dovuta, se non altro per continuare a farsi rapire dal panino con la finocchiona al ristorante Il Sottobosco, e poi via, all’altezza della Svolta del Podere, per giungere in breve a Pratieghi.