Prove concrete che documentino l’episodio non sono in effetti ancora emerse, ma questo non inficia un dato di fatto difficilmente smentibile: la pallavolo a Ravenna ha trovato la sua ‘culla’.
Al di là della vera o presunta origine sulle rive del Candiano, il volley, nato negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento, si diffuse in Italia fra gli anni Venti e Trenta all’interno dell’Opera Nazionale Dopolavoro. E trovò appunto a Ravenna un ambiente in cui attecchì in maniera particolarmente precoce e profonda.
Protagonista di questo sviluppo della pallavolo a Ravenna fu l’associazionismo cattolico, e suo teatro privilegiato il Ricreatorio arcivescovile. Fu appunto nel campo di gioco di via Nino Bixio che, a partire dal 1943, pionieri come Angelo Costa e Orfeo Montanari, rispettivamente allenatore e capitano, potenziarono la sezione pallavolistica della polisportiva Robur. Uno dei più antichi sodalizi cittadini rifondato negli anni precedenti.
Quando, nell’estate del 1946, l’appena istituita Federazione Italiana Pallavolo (uno dei suoi fondatori fu appunto Costa) organizzò a Genova il primo campionato nazionale, anche la Robur comparve fra le otto società partecipanti. E con pieno successo, visto che ottenne la vittoria finale appuntandosi sul petto il primo scudetto della storia pallavolistica italiana.
Anche se in parte inaspettata, quell’affermazione si rivelò nient’affatto estemporanea. I biancazzurri della Robur si laurearono infatti campioni d’Italia anche per i tre anni seguenti, fino al 1949, e poi ancora nel 1952. Proprio allora, però, sopravvenne la prima di quelle vicissitudini societarie che avrebbero fatto della storia della pallavolo a Ravenna una continua alternanza di ascese e di cadute.
Fu così che, in seguito a vari dissapori interni, nel 1953 la sezione pallavolistica della Robur abbandonò le competizioni. Per continuare a vivacchiare negli anni seguenti soprattutto a livello giovanile. Chi ne raccolse l’eredità fu ancora una volta Angelo Costa.
Accogliendo le richieste dei Vigili del Fuoco, intenzionati, a Ravenna come altrove, a impegnarsi nello sport, nel 1963 il demiurgo della pallavolo cittadina fondò una nuova società. Appunto la Vigili del Fuoco ‘Natale Casadio’. Al di là dei risultati più che soddisfacenti, con il veloce ritorno in serie A, l’esperienza della ‘Casadio’ fu importante. Anche perché contribuì in maniera decisiva a cementare il rapporto fra la città e la pallavolo.
Con un settore giovanile di notevole valore sportivo e di grande impatto sociale, e un pubblico numeroso e appassionato sugli spalti, in quegli anni il volley divenne davvero lo ‘sport nazionale’ ravennate. Proprio mentre il movimento entrava nella sua fase moderna. Nel 1975-76 anche a Ravenna comparve infatti sulle maglie il primo sponsor. La Giaiotti (industria friulana di mobili per uffici). E fra i giocatori il primo straniero, il polacco Szymczyk.
Era però un mondo nel quale la vecchia società non era più in grado di reggere. Nel 1977 i Vigili cedettero il titolo sportivo al Comune, che fondò un nuovo sodalizio destinato negli anni seguenti a una vita stentata col sostegno precario di vari sponsor, fino alla retrocessione in A2. Finché, nel 1987, la nuova svolta, con l’ingresso sulla scena di Giuseppe Brusi.
Reduce dai trionfi della Teodora, il manager di S. Zaccaria organizzò una cordata di imprenditori attivi soprattutto in ambito portuale, che fondò la nuova società del Porto Ravenna Volley. Fu subito una storia di successo, perché già il primo campionato si concluse con l’agognato ritorno in A1. Il meglio, però, doveva ancora venire, e si materializzò un paio di anni dopo. Nell’estate del 1990, Brusi ricevette una telefonata di Carlo Sama che gli annunciava l’intenzione del Gruppo Ferruzzi di entrare nella pallavolo a Ravenna.
Gli anni esaltanti del Messaggero, dove l’indubbio strapotere economico si appoggiò sulle basi di una genuina tradizione sportiva, meriterebbero una trattazione ben più esaustiva. L’arrivo dall’America dei due giocatori forse più forti al mondo, Kiraly e Timmons, all’interno di un gruppo già di livello assoluto guidato dal ravennate doc Daniele Ricci. Lo scudetto conquistato nella trionfale serata del 25 maggio 1991 al Pala De André. Una coppa Italia e un Mondiale per club (1991). Due coppe dei Campioni e una supercoppa europea (1992), oltre a vari successi anche in ambito giovanile. Queste sono le tappe di un’epoca in cui lo sport fu l’immagine di una città che quasi si stupiva di vedersi in cima al mondo.
Un’epoca interrotta nel luglio del 1993 con il colpo di pistola che sancì la morte di Raul Gardini e la fine del Gruppo Ferruzzi. La sapienza di Brusi e il sostegno del nuovo sponsor Edilcuoghi favorirono sul momento un atterraggio più che morbido, coronato da due nuove vittorie in Supercoppa e in Coppa Campioni, ma alla lunga la caduta nella nuova crisi non poté essere evitata.
Il punto più basso fu raggiunto nel 2000, con la cessione dei diritti dell’A1 e la scomparsa dal proscenio del volley nazionale. Da quell’abisso iniziò però anche una paziente opera di ricostruzione, che proprio le risorse morali e tecniche garantite dalla lunga tradizione cittadina poterono assicurare. Un primo passo fu la fondazione, da parte di alcuni ex giocatori, della nuova società Pallavolo Angelo Costa nel 2004.
Questa, due anni dopo, unì le forze con la vecchia e gloriosa Robur. Il risultato fu la rinascita sportiva, coronata dal ritorno in A1 nel 2011. Nel 2013 anche il Porto entrò a far parte del gruppo, inserendo nel mosaico l’ultimo tassello di quella che è l’attuale Porto Robur Costa.
Dopo il successo della Challenge Cup nel 2018, il 2022 ha visto purtroppo un nuovo ritorno in A2, dove attualmente la squadra di pallavolo a Ravenna milita con il sostegno economico della Consar. In attesa – è bello credere e lecito sperare – di tornare al più presto nei lidi dove la Storia la reclama.