Paolo Gambi, oltre Gutenber

di Aldo Savini, foto Lidia Bagnara
Poesia E ricerca Artistica Nelle opere Di Paolo Gambi
L’uso della parola in funzione estetica e la scrittura visuale entrano nella pratica e nel territorio dell’arte con le Avanguardie storiche all’inizio del secolo scorso. La poesia Un coup de dés n’abolirà jamais le Hazard (Un tiro di dadi mai abolirà il caso) di Stéphane Mallarmé, composta nel 1897 poi ripubblicata nel 1914, viene assunta come modello di riferimento per il rapporto tra parola e immagine. In questo componimento i versi non seguono un andamento lineare, sono dislocati nella pagina creando effetti spaziali che condizionano emotivamente la lettura del testo. 

Romagnolo, di famiglia ravennate, nato a Ravenna nel 1979, Paolo Gambi ha a lungo lavorato come giornalista, dopo gli studi classici, giuridici, psicologici e, da ultimo, artistici all’Accademia di Belle Arti di Ravenna.

Dal 2014 si dedica a tempo pieno a una ricerca artistica che parte dalla poesia, dalla parola, con il motto “poesia dappertutto”. Questa ricerca lo ha portato in giro per il mondo. E a vincere premi internazionali, tra cui lo svizzero Josè Rizal Heritage Award e il cinese Sino Phil Asia Peace Award. 

Si considera un cercatore di parole intese come raggi di verità. Le opere che realizza nascono dalle parole, tendenti a svelare un incontro tra persona e persona, tra l’umano e il mistero. Le parole richiedono uno spazio fisico su cui declinarsi. 

L’uso della parola in funzione estetica e la scrittura visuale entrano nella pratica e nel territorio dell’arte con le Avanguardie storiche all’inizio del secolo scorso. La poesia Un coup de dés n’abolirà jamais le Hazard (Un tiro di dadi mai abolirà il caso) di Stéphane Mallarmé, composta nel 1897 poi ripubblicata nel 1914, viene assunta come modello di riferimento per il rapporto tra parola e immagine.

In questo componimento i versi non seguono un andamento lineare, sono dislocati nella pagina creando effetti spaziali che condizionano emotivamente la lettura del testo. 

Con i futuristi la parola assume valenze pittoriche attraverso il colore, la materia e la forma, mantenendo il doppio aspetto di immagine e significato verbale. Su questi presupposti nel secondo dopoguerra si è affermata la poesia concreta o la poesia visiva. Che pur conservando alla parola tutto il significato propriamente ‘poetico’, mira a un nuovo significato originato dalla reciproca influenza tra la parola in sé e il segno grafico, la forma, lo spazio e il colore.

L’era di Gutenberg è finita. Di conseguenza per Paolo Gambi la parola non deve stare necessariamente solo sulla carta – d’altra parte nella sua matrice originaria è legata all’aria – la parola nasce per essere detta. Per questo ha cercato degli spazi in cui la poesia si potesse esprimere al di fuori della carta.

All’inizio sono stati muri, l’aria, con numerose performance, poi altri supporti materici come il legno, la roccia, i mosaici, i bit. È stato fra i primi al mondo a coniare poesie NFT. Ha esposto ed espone a Los Angeles, in Svizzera, a breve nel Sud Est asiatico. 

Fra i supporti c’è anche la carne, e così nasce la Bodypainting poetry. Quest’ultimo tipo di performance è un tentativo di fare poesia integrale a partire da un dialogo con le persone. Se i versi vengono riconosciuti, allora glieli scrive addosso. Sul corpo nudo, in una nudità intesa come verità del corpo. E se l’arte è verità, non può che essere nuda.

Con questa performance ha aperto, per esempio, Roma Alta Moda. La ricerca per ristabilire una relazione tra parola e immagine lo porta a spingersi più indietro rispetto alle Avanguardie storiche. 

Rispolverando un orgoglio ravennate, ha scoperto una forma artistica più completa come quella delle ekphrasis, che non erano semplicemente poesie scritte su un supporto materico, ma erano il completamento di tutte le arti.

A Ravenna la più bella ekphrasis del tardo antico è la poesia in esametri che si trova nella cappella di Sant’Andrea al Museo arcivescovile. Partendo da questa si comprende l’apparato glorioso e misterioso lasciato dal passato, per riportarlo nel presente dando nuove chiavi di interpretazione.

Importante per lui il recupero dell’eredità ariana, Ario ha lasciato a Ravenna alcune tracce che nemmeno i bizantini hanno cancellato, tra cui il primo Giudizio Universale della storia in Sant’Apollinare nuovo, dove c’è il perfetto equilibrio tra bene e male, tra Michele arcangelo e Satana, con al centro un Cristo che è un mediatore, tra l’altro androgino.

Queste memorie entrano nelle poesie di Paolo Gambi ed è la parola che coglie la bellezza, che crea un ponte tra l’umano e il divino, e non finalizzata solo a esorcizzare le proprie emozioni. In questa ottica anche la cartolina per Dante, firmata insieme al Premio Nobel Jon Fosse.

Convinto che il contemporaneo sia una grande maschera del capitalismo più sfrenato, dopo che l’arte ha abbandonato con le Avanguardie ogni criterio estetico e l’idea che debba essere associata alla bellezza, la definizione di ciò che sia arte è stata lasciata al mercato, a ciò che viene comprato all’interno del sistema. Di fronte a tale mutamento epocale, Paolo Gambi respinge questa condizione e si lascia definire ‘postcontemporaneo’.

Pubblicato su Ravenna IN Magazine 04/24, chiuso per la stampa il 18/10/2024

Condividi l’articolo: