In una radura, lungo un sentiero della Pineta San Vitale, si possono incontrare esemplari allo stato brado dal manto lucente. Occhi vivaci, in salute, in tutto poco meno di 30 cavalli in gruppi composti da femmine con puledri.
Si nutrono delle erbe dei prati, si riparano nel fitto della vegetazione. Vivono in perfetta simbiosi con l’ambiente naturale, con le stagioni. E ricevono di frequente la visita di Sante Cuffiani, personaggio simbolo della rinascita dell’allevamento in pineta.
Socio fondatore Saires, tecnico Fise – Federazione italiana sport equestre di 2° livello, guida Ante – Associazione nazionale turismo equestre. Storico cavaliere, allevatore per passione, con un passato da marinaio, da musicista, da edicolante. A 87 anni Sante ricorda la nascita del progetto nella Pineta San Vitale, lucida memoria degli allevatori ravennati. Insieme ad altri è infatti l’ispiratore della ripresa dell’allevamento dei cavalli in libertà.
Le cronache riportano la loro presenza già nel 1400, ma c’è da credere che fossero presenti anche prima, allevati dalle abbazie cittadine. In primis quella di San Vitale. La Pineta San Vitale voluta dai romani per lungo tempo sfamò gli abitanti della zona. Che conservarono per secoli il diritto di legnatico e di raccolta delle pigne e dei prodotti del sottobosco, funghi e asparagi.
Si narra di 500 cavalli turchi importati da monaci missionari nel Cinquecento. Nel 1774 il naturalista Francesco Ginanni, nel suo studio Istoria civile e naturale delle pinete ravennati, scrisse che si estendevano ininterrottamente per 7.500 ettari. Dal fiume Lamone fino a Cervia.
Oggi la superficie si è ridotta e la sola Pineta San Vitale è un bosco di oltre 1.000 ettari di superficie. Largo circa 1.200-1.500 metri, che si estende per circa 11 km in direzione nord a partire dalla zona industriale e portuale di Ravenna. Oggi al limitare della pineta è attivo il Circolo Ippico Ravennate.
La tradizione dell’allevamento è proseguita nei secoli. Prova ne sia la storia della Cavallina storna immortalata da Pascoli, che sembra essere nata nella Pineta San Vitale. All’inizio del Novecento è presente una popolazione di esemplari ‘italo-arabi’ che, nel corso del secolo, vengono lasciati in abbandono fino all’estinzione.
Nel 1940 erano 150 fattrici di 50 proprietari. Ma grazie alla tenacia e determinazione di un gruppo di appassionati nei decenni successivi viene recuperata la pratica ravennate e ora i soci sono 25. “Nel 1979,” racconta Cuffiani, “registrammo con atto notarile l’associazione in accordo con gli uffici comunali.
Erano una settantina i cittadini coinvolti, ma quel giorno davanti al notaio dovevamo essere in 11 a firmare. Ci ritrovammo in sei, così coinvolgemmo moglie e fidanzate per partire con un’associazione che non ha eguali in Italia. Fu necessario delimitare il perimetro dell’ampia area adibita al pascolo dei cavalli all’interno della Pineta di San Vitale di proprietà comunale e da allora vengono fatte manutenzioni.”
Persa la memoria diretta dell’allevamento in natura, i primi anni e i primi tentativi non furono facili. Poi con il tempo e l’esperienza sono arrivate le prime soddisfazioni con animali sani, senza patologie alle vie respiratorie, malattie degli arti e alto tasso di fertilità. I soci proprietari si preoccupano della gestione sanitaria e delle necessità dei propri animali. Mentre Saires gestisce i rapporti con il Comune e con il Parco del Delta del Po.
Nel periodo invernale, quando la vegetazione scarseggia, viene portato il fieno per integrare e sostenere l’alimentazione dei cavalli al pascolo, animali vaccinati e più volte sverminati durante l’anno. Con orgoglio Cuffiani racconta la storia di una rinascita. Con amore guarda i propri animali in libertà come la cavalla Apalosa che partorirà in settembre in un ambiente protetto, prima di tornare con il puledrino in natura. E poi le altre fattrici che popolano le radure gustando le margherite del prato. Il loro è un legame fatto di pochi gesti dell’allevatore esperto e di fiducia reciproca.
Per ogni animale tanti i ricordi e gli aneddoti. Come la cavalla Itaca che, acquistata da un centro ippico del centro Italia vent’anni fa, Camilla, moglie di re Carlo III, scelse per un’escursione di una settimana. “Cavalli al pascolo così in salute non si trovano in nessun altro posto in Italia, qui vivono più di 30 anni,” conclude Cuffiani.
“Non ho mai allevato cavalli con una logica economica, sono un allevatore ma per vivere ho fatto molto altro. E vorrei che altri conoscessero questa realtà e praticassero l’allevamento al pascolo.” (continua…)