Nel Crinale vengono ospitati anche seminari, corsi, residenze d’artista, incontri, eventi in natura e laboratori per tutti. Uno spazio appartato e a contatto con la natura, un punto di forza al servizio della produzione, della creatività. “Veniamo da alcuni mesi di lavoro che hanno fatto da preludio a questo avvio pubblico delle attività del Crinale,” racconta Antonio Gramentieri, direttore artistico.
Partiamo dal nome, perché lo avete scelto?
“Il crinale indica uno spartiacque, un punto di limite fra versanti diversi. Noi abbiamo messo le radici su un crinale geografico, al confine fra due province e due regioni, esattamente sul punto della collina in cui girando lo sguardo riesci ancora a cogliere tutte le direzioni possibili. Siamo su un crinale stilistico: affrontiamo il creare musica con un metodo antico, fatto di strumenti fisici e compresenza, tuttavia consapevoli del moderno. Siamo sul crinale fra due epoche, il prima e dopo questi anni che cambieranno per sempre il modo di rapportarsi alle arti e alle persone. C’è il senso di confine, quindi, ma anche il radicamento alla terra. Alla nostra terra.”
Come vi è venuto in mente di realizzare uno studio di registrazione tra le colline?
“Le colline sono casa nostra. La natura periferica di questa esperienza per noi non è una scelta esotica ma il senso stesso della nostra appartenenza. Crediamo nella periferia, crediamo che l’arte possa nascere e fiorire anche senza cedere sempre alla spinta centripeta verso la città. In un periodo così chiassoso, di comunicazione così violenta, di rapporti così difficili, rimettersi in gioco all’interno di una natura molto potente ha un grande valore simbolico. Fare arte, e condividerla, è una necessità vecchia come l’uomo. Creare un luogo sospeso dove recuperare questa necessità e tutto il suo peso rituale è la risposta meno polemica e più politica che avevamo a disposizione, di fronte a questi anni balordi. La nostra polis è questa. Questo il nostro modo di stare al mondo, quello a cui crediamo.”