Silvia Camporesi, bioeticista da Forlì

di Paola Francia, foto Andrea Bardi
Etica E Sport Tra Inclusività E corpi Cyborg
Sarà per quell’innata attitudine al viaggio che, appena 17enne, l’ha portata dai banchi del liceo fino in Colorado e che ora la vede dividersi tra Forlì e Lovanio, in Belgio. Sarà per la formazione multidisciplinare – in Biotecnologia e Filosofia della Medicina – che, fin dai tempi dell’università, le ha fatto amare in egual misura scienza e umanesimo. Certo è che per lei gli stereotipi e i confini, geografici quanto culturali, hanno significato nella misura in cui possono essere superati in nome della ricerca.

Forlivese di nascita e cosmopolita per vocazione, Silvia Camporesi, bioeticista, è una delle massime esperte – non solo in Italia – di scienza e etica dello sport. Un unicum nel panorama nazionale per campi di ricerca e di applicazione. 

Docente di Sports Ethics & Integrity all’università belga KU Leuven. È stata responsabile del Bioethics & Society Programme al King’s College di Londra. È vicepresidente dell’Associazione britannica per la filosofia dello sport (Bpsa) e fa parte dei quattro External Expert Advisors di Etica della Wada, l’agenzia antidoping. 

Un’autorità riconosciuta a livello internazionale in materia di sport paralimpico. Di recente è stata chiamata a esprimersi sul caso della pugile algerina Imane Khelif, al centro delle polemiche per la sua partecipazione nella categoria femminile alle Olimpiadi di Parigi.

“Imane Khelif è una donna,” ha precisato in una intervista. “Una persona con ‘variazioni delle caratteristiche del sesso’ (Vcs), che possono comportare anche iperandrogenismo, cioè una produzione di ormoni superiori a una ipotetica media femminile. Si tratta di una condizione naturale e di una produzione endogena, non di doping.”

Quarantadue anni, sposata con James, conosciuto a Washington durante la tesi di dottorato. Silvia Camporesi è mamma di tre bambini: Arturo di 7 anni, Lorenzo di 4 e Gaia di 3.

“Il mio amore per la scienza è nato sui banchi di scuola, al Liceo Scientifico. Quello per lo sport sulle piste del Campo Gotti quando mi allenavo sotto la guida di Antonio Bartoletti e dove ho ancora molte delle mie amicizie.” È qui che Silvia, mezzofondista negli 800 e 1500 metri per la squadra di atletica leggera – “ma mai campionessa,” aggiunge – scopre e coltiva la passione per lo sport. Fino a farne una professione. Ma da un altro punto di osservazione.

“In quinta liceo una mia compagna si ammalò di tumore al polmone,” racconta. “Un episodio doloroso che mi colpì molto e mi spinse ad avvicinarmi al mondo della ricerca.” Dopo il diploma Silvia Camporesi si iscrive al primo corso di laurea in Biotecnologie all’Università di Bologna e contemporaneamente frequenta corsi extracurricolari in materie letterarie.

Sono gli anni in cui si sedimenta la sua identità – termine che preferisce a ‘carriera’ – legata alla bioetica come ponte fra due culture. Quella scientifica e quella umanistica. A Milano si iscrive al primo corso in Fondamenti di scienze della vita e bioetica e consegue il dottorato. “Milano mi piaceva molto,” dice, “ma non c’erano sbocchi lavorativi per la mia specializzazione.”

E così, dopo un’esperienza a Washington, dove mette a punto la tesi di dottorato sulla sperimentazione del farmaco in fase 1 per pazienti oncologici al National Institutes of Health (Nih), nel 2010 vola al King’s College di Londra. E dà avvio alla carriera accademica come professore associato in Bioetica. “Pensavo di restare tre anni e invece sono rimasta fino al 2022.” Sono gli anni in cui inizia a occuparsi in maniera preponderante di etica e sport. 

“Avevo iniziato a farlo nel 2008 con il caso di Oscar Pistorius, il primo atleta paralimpico (Ndr, una malformazione congenita lo aveva costretto all’amputazione degli arti inferiori sostituiti da protesi) a competere con atleti normodotati che ha segnato uno spartiacque tra un prima, in cui c’erano le Olimpiadi e le Paralimpiadi, e un dopo, in cui alle Olimpiadi avrebbero potuto partecipare atleti con tecnologia assistiva se si fossero qualificati

Un momento decisivo per gli ideali paralimpici di uguaglianza e di inclusività. Anche se poi, negli ultimi 12 anni, non abbiamo più visto questi atleti competere alle Olimpiadi.” 

Nel suo libro Partire (S)vantaggiati: Corpi Bionici e Atleti Geneticamente Modificati per la collana ‘Icaro’ di Fandango, vengono prese in esame in modo critico le politiche internazionali che regolamentano la partecipazione di atleti e atlete alle competizioni sportive, a partire da alcuni interrogativi di fondo: per quale ragione alcuni vantaggi vengono considerati equi e altri iniqui e regolati? Chi decide quando una disabilità diventa una super abilità? Come le biotecnologie e la terapia genica influiscono sul corpo umano e sullo sportivo?

Il futuro del corpo umano è il cyborg: la crescente commistione tra naturale e artificiale, fra biologico e sintetico,” dice Silvia Camporesi. “La nostra specie per continuare a esistere deve evolversi in una permeabilità del corpo biologico alla tecnologia. Non dobbiamo esserne spaventati perché i corpi cyborg sono già in mezzo a noi: è il caso di chi ha una protesi all’anca in titanio o una valvola cardiaca artificiale o un ginocchio in acciaio. Le biotecnologie possono far paura, è vero, ma è inevitabile immaginare una evoluzione dell’essere umano, mantenendo sempre un approccio critico.”

Dal mese di settembre ha assunto il ruolo di professore ordinario di Sports Ethics & Integrity (Integrità e Etica dello sport e Bioetica) all’università KU di Lovanio, in Belgio, ma continua a mantenere un forte legame con Forlì. “Qui vanno a scuola i miei figli, qui ho i miei affetti e le mie amicizie. E poi c’è la piadina.”  

Cosa direbbe alla Silvia di allora, fresca di diploma e in procinto di lasciare i banchi del liceo? “Quello che direi a tutti i ragazzi e le ragazze che sono in cerca della propria strada: scegliete la cosa che vi piace di più, che vi fa sentire vivi. Non basatevi sulle statistiche o sulle possibilità occupazionali. Scegliete la vostra passione perché è quella che vi farà trovare la strada, anche quando è in salita, e che vi darà la spinta a percorrerla con determinazione ed entusiasmo.” 

Silvia Camporesi, bioeticista da Forlì
In apertura, Silvia Camporesi nella sua casa-studio. Qui sopra, come relatrice sul palco di Bergamo Scienza e, sotto, al King’s College nel maggio 2015 per il Premio per l’eccellenza nell’insegnamento. Segue uno scatto sul palco del TEDxForlì.
Silvia Camporesi, bioeticista da Forlì
Silvia Camporesi, bioeticista da Forlì
Pubblicato su Forlì IN Magazine 05/24, chiuso per la stampa il 16/12/2024

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