Suor Anastasia, amore condiviso

di Roberta Bezzi, foto Massimo Fiorentini
La comunità Di Suor Anastasia, superiora delle Carmelitane
Dolcezza, energia ed empatia. Sono le prime qualità che si avvertono stando vicini a suor Anastasia, la ravennate Caterina Cucca, 57 anni, oggi alla guida del convento delle monache Carmelitane di via Guaccimanni. La scelta del nome Anastasia, che vuol dire resurrezione, le calza a pennello, non solo per descrivere quello che è stato il suo percorso spirituale iniziato da giovanissima, ma anche per la capacità dimostrata in tutti questi anni di aiutare gli altri lungo il sentiero della rinascita. Sono tante le persone che le chiedono una preghiera, un consiglio, un conforto, un dialogo, dopo la messa o un momento di condivisione. Ad alcune di loro ha davvero cambiato la vita.

“Il mio desiderio è di trasmettere la bellezza di questa esperienza d’amore,” ripete spesso Suor Anastasia. Ed è per questo che ha voluto togliere le grate di ferro dal monastero dieci anni fa per aprirlo alla comunità.

Suor Anastasia è speciale anche negli interessi: ama lo sport, è stata una campionessa di tennis, e da decenni studia le lingue sacre in particolare l’ebraico e il greco.

D. Suor Anastasia, è vero che da un anno ha ripreso a giocare a tennis?

R. “Sì, è stata dura ma in questi anni mi sono sempre allenata perché in monastero abbiamo una palestra. L’attività fisica mi aiuta a tirar fuori quella grinta che mi caratterizzava da ragazza e ora a contrastare anche l’osteoporosi.”

D. Lei ha giocato a tennis fino ai 16 anni, era una promessa a livello regionale. Com’è nata la passione per lo sport?

R. “Ho iniziato in realtà con il fioretto perché mia madre ci teneva che facessi uno sport di gruppo per relazionarmi con gli altri. A 10 anni sono passata al tennis, dove davo il massimo senza mezze misure, com’è nel mio modo di essere. Questa caratteristica di totalità mi ha poi accompagnato anche nell’attività con gli scout e nella scelta religiosa.”

D. Poi si è iscritta al liceo scientifico a indirizzo linguistico di Lugo e, grazie a un programma di scambio, ha fatto il terzo anno in California, negli Usa. Oltreoceano è accaduto qualcosa di molto speciale. Può raccontarlo?

R. “Ho sentito per la prima volta dentro di me un cambiamento radicale, la presenza di Dio. Decisivo è stato l’incontro con una insegnante di biologia, protestante, che riusciva a esprimere la fede in modo molto naturale, come se fosse parte integrante della vita. Durante un pranzo insieme in un fast food mi ha parlato della sua esperienza e mi ha letto un passo della Bibbia, del Nuovo Testamento, che diceva: ‘Il Signore ha cura di te’. In quell’istante, è scattato qualcosa, ho avuto la rivelazione di quell’amore che cercavo. Custodisco ancora gelosamente la Bibbia che mi ha regalato.”

D. Cos’è per lei la fede, Suor Anastasia?

R. “Sono innamorata di Dio, la mia vita è un’opera d’amore. Il mio desiderio è trasmettere la bellezza di questa esperienza d’amore.”

D. Lei crede che sarebbe andata diversamente senza quel viaggio negli Usa?

R. “Vivevo già dentro di me, come tutti gli adolescenti, questa ricerca di un amore in grado di dare un senso al mio essere, questo bisogno di essere amata. Forse avrei comunque trovato quella risposta.”

D. Lei è entrata in convento nel 1987, a 20 anni. Non deve essere stato facile…

R. “Eravamo 30 suore, la maggior parte di loro già anziane. È stato un lavoro enorme di scavo e di ascolto dentro di me. Domare la mia vitalità è stato difficile. Vangavo e zappavo nell’orto, facevo palestra e sfasciavo regolarmente un punching ball cucito dalle suore. Ero e sono sempre tormentata, la scelta di stare qui non è mai scontata. Il consegnarmi totalmente a Dio è stato un modo per catalizzare le mie energie.” 

D. Lei ha iniziato con la clausura, con le grate di ferro in chiesa e nel parlatoio. Ma nel 2014 è riuscita ad aprire il monastero alla città. Come ci è riuscita?

R. “L’esigenza è stata per fortuna condivisa da gran parte delle sorelle. Non potevamo uscire se non per visite mediche, andare a votare o gravi problemi familiari. Togliere le sbarre ha significato aprirsi maggiormente alla comunità. Anche prima le persone venivano a messa, ma poi abbiamo iniziato a condividere non solo la preghiera, ma anche momenti di vita, di studio e lavoro, e anche uscite tipo pellegrinaggi in mezzo alla natura che dà respiro. Il nostro refettorio si è trasformato in una tavola di famiglia che accoglie invitati.”

D. Oggi in convento siete rimaste solo in 9 suore. La più giovane è del 1976, due sorelle hanno oltre i 90 anni. Come si può combattere la crisi di vocazione?

R. “Con l’apertura, con il dialogo, con l’esperienza viva di incontro con Dio. Questa è la carta vincente, non più certamente la preghiera dietro le sbarre. Per questo abbiamo aperto una piccola scuola di iconografia bizantina e avviato rapporti con i licei e l’università, gli scout e gruppi di catechismo, accogliendo classi per la preghiera contemplativa silenziosa e attività varie.

Da qui sono passati decine e decine di ragazzi, di cui abbiamo avvertito tutto lo struggimento legato a tempi non facili. Serve uno sforzo in più per meglio capire e coinvolgere i giovani di oggi, per adattare a loro il linguaggio spirituale.”

D. Qual è il suo sogno, Suor Anastasia?

R. “Tornare in America dove tutto è cominciato. Spero di poter fare presto questo emozionante viaggio.”

Suor Anastasia, amore condiviso
In apertura, Suor Anastasia apre le porte del convento delle monache Carmelitane. Qui sopra, Suor Anastasia all’interno del convento di via Guaccimanni, di cui è superiora.
Pubblicato su Ravenna IN Magazine 04/24, chiuso per la stampa il 18/10/2024

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