Scegliere uno scorcio di città, guardarlo con occhi diversi, ideare un progetto che lo sappia raccontare e condividere con le persone che lo abitano: questa è l’arte pubblica e Marcello Di Camillo.
Suonano ‘sgangherati’ per le vie del paese invocando San Crispino, il protettore dei calzolai, “perché senza di lui non avremmo le scarpe per andare in giro a suonare.”
Non chiamatelo imprenditore del gusto, ma artigiano dell’ospitalità. Nato e cresciuto in una famiglia di commercianti che gestivano un’attività di sali e tabacchi e generi alimentari – negli anni Cinquanta – ha respirato e imparato il mestiere fin da bambino.
“Prendere e partire” senza indugi. Lasciarsi alle spalle una vita troppo stretta o una delusione e andare a scoprire il mondo. Chi non lo ha mai pensato o desiderato almeno una volta nella vita?
Puntare sui grani antichi e sulle piccole filiere locali, lontani mille miglia delle logiche industriali. Continuare con amore e innovazione i mestieri di una volta, ereditati da nonni, padri, madri, zii.
Ripercorrendo la sua vita ammette che molte delle sue migliori idee le ha avute pedalando. Una passione quella per la bicicletta nata tra i banchi della scuola media.
Al turista che siede su una panchina in piazza Duomo a Firenze, con gli occhi colmi di meraviglia, può capitare di respirare un intenso quanto inatteso profumo di Romagna.